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Renzetti, un cuore rossoblù tra le Mura di Lucca
05/01/2008 12:08
Francesco Renzetti è calcisticamente nato con il Genoa,
almeno per quello che è il suo approdo nei professionisti, visto che
prima di vestire quella maglia giocava nel Ventimiglia ed era un
bambino. Sotto la Lanterna si è formato, è cresciuto, ha respirato
l'aria del grande calcio per poi approdare fra le mura di Lucca. E' la
persona giusta, insomma, per conoscere un po' meglio il Genoa e che
cosa rappresenta la squadra rossoblu per la città ligure.
"Sono arrivato al Genoa, ceduto dal Ventimiglia calcio, a nemmeno
tredici anni e l'impatto non è stato dei più semplici. Venivo da una
realtà di mille abitanti e sono stato paracadutato in una città come
Genova, in una squadra importante, con un blasone di primo piano
come il Genoa, indubbiamente non è stato facile. Ma l'ambiente mi è
parso subito ricco di fascino, unico per certi aspetti, e nei cinque
anni passati lì ho avuto la fortuna di apprezzarlo tantissimo".
Dei tuoi compagni di allora qualcuno è finito in prima squadra? C'è qualcuno su cui scommetteresti?
"Non mi chiedere nomi per campagne acquisti - sorride Renzetti -
alcuni dei miei compagni gravitano intorno alla prima squadra, altri
sono nella Primavera. Tieni conto che a volte gente che promette
benissimo poi per mille cause si perde e, comunque, manco ormai da due
anni e ho un po' perso il polso della situazione".
Mille ricordi e mille emozioni, immagino.
"Esatto,
a partire dall'esordio in C1 con quella maglia, oppure se penso alla
finale del torneo di Viareggio. Anche se l'emozione più forte l'ho
provata la volta che sono andato in panchina a Marassi in serie B
contro il Piacenza: entro nello spogliatoio di quello stadio stupendo e
vedo la maglietta con il mio nome. Credimi, una emozione fortissima".
Eppure gli ultimi anni del Grifone sono stati molto simili al un calvario, tra retrocessioni e rischi di crac.
"E'
vero, quando sono arrivato io non si respirava un'aria facile. Prima
dell'acquisto di Preziosi si rincorrevano le voci anche su un possibile
fallimento della società. E poi retrocessioni fino alla C1 e tante
amarezze. Ma tieni conto che il popolo genoano è fatto per soffrire. E'
sempre stato così e in questo sta la sua grandezza".
Domanda a questo punto retorica: tu tifi Genoa, naturalmente?
"Certo, e continuo a seguirlo con grande affetto".
Due parole sui tifosi del Grifone.
"Spettacolari,
non trovo altra parola per definirli. Penso a loro e mi vengono in
mente gli anziani che ogni giorno in gran numero seguono gli
allenamenti, ai 3-4000 tifosi al seguito in trasferte a volte
lunghissime, a un vero e proprio popolo che è sempre al fianco della
squadra".
Prova a tracciarci un identikit del tifoso genoano.
"Ormai
è difficile ipotizzare una divisione netta per quartieri o per censo,
come forse era più facile fare una volta. Sicuramente la tradizione
familiare ha ancora un suo peso e provenire da una famiglia rossoblu è
una sorta di marchio doc di garanzia per tifare Genoa. Va anche detto
che le traversie di questi ultimi anni hanno influito sulle nuove
generazioni che più frequentemente tifano la Sampdoria".
A proposito, il tuo rapporto con i "cugini"?
"Guarda,
i derby che ho giocato con la Primavera erano molto sentiti, accesi, a
volte con mille persone sugli spalti, naturalmente sotto la
pioggia che a Genova non manca quasi mai. Ovvio quindi che avverta la rivalità.
Ma senza eccessi, non più di tanto, insomma".
Fabrizio Vincenti