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Quando non č tutt'oro quello che luccica: i limiti del modello calcistico inglese nelle parole di uno storico tifoso dell'Arsenal, Matthew Bazell

27/03/2012 08:21

E' tutto ora quello che luccica? Non sempre, anzi. L'antico adagio vale anche per il calcio di oltralpe, segnatamente quello inglese, che una parte dei mezzi di informazione descrivono, convincendo il popolo bue, come una sorta di paradiso pallonaro privo di violenza, alla portata di tutti, dove tutti possono andare. Una visione sicuramente edulcorata della realtà, talvolta per ignoranza ammantanta da esterofilia tanto di moda in Italia, talaltra con un pizzico, forse più, di malafede.

A ricordarcelo è Matthew Bazell un tifoso inglese dell'Arsenal che ha saputo tracciare con rigorosa precisione i limiti del modello inglese, con il quale troppo spesso molti si sciacquano la bocca, non comprendendo i veri benefici e sottacendo i limiti, in un libro dal titolo inequivocabile "Theatre of silence", il teatro del silenzio. Matthew è stato a Lucca per alcuni giorni, ospite dei soci del Lucca United, la cooperativa di tfosi azionisti della vecchia Pantera, con i quali ha dato vita ad un affollato dibattito nella sala stampa del Porta Elisa. Lo incontriamo alla fine della gara casalinga dei rossoneri a cui Matthew ha assistito prima di riprendere il suo volo per Londra.

 E' davvero tutto oro ciò che luccica dal Continente il calcio inglese?
"No, tanti tifosi storici come me sono molto rattristati per la piega che ha preso il calcio in Inghilterra. Troppa commercializzazione e controlli eccessivi stanno condizionando il calcio del mio Paese, ma, visto da lontano, capisco che possa sembrare una situazione perfetta".

Provi a spiegare.
"C'è stato un ricambio direi morfologico tra gli spettatori presenti allo stadio: gli storici tifosi si sono poco alla volta allontanati dal calcio di fronte a uno spettacolo che non consente nemmeno di stare in piedi senza essere ripresi da uno steward. Ormai negli stadi va un pubblico identico a quello che andrebbe al cinema o a teatro, ma il calcio non è niente di tutto ciò e non è solo uno spettacolo".

Sulla trasformazione del pubblico ha inciso anche il costo dei biglietti.
"Senza dubbio, i prezzi hanno finito per escludere fasce importanti della popolazione che avevano da sempre popolati gli stadi britannici. Per farle un esempio, le dico che nel 1986 un biglietto del settore dello stadio dell'Arsenal dove andavo io costava 4,5 sterline venti anni dopo era salito a 39".

Questo fenomeno vale per tutto il calcio inglese o è da riferirsi principalmente alle "corazzate" commerciali come Chelsea, Arsenal, Manchester Utd ecc.?
"Vale per tutti, anche se in misura diversa, ma il problema esiste anche nelle serie inferiori".

In inghilterra, però, non ci sono né biglietti nominativi né, tantomeno, tessere del tifoso.
"Vero, niente di tutto ciò. Negli anni '80 ci fu chi propose l'introduzione dei biglietti nominativi, ma nemmeno allora, in quel clima sicuramente molto restrittivo, passò questa proposta".

Dunque i controlli come avvengono?
"Principalmente attraverso il fatto che i biglietti vengono comprati dai soliti tifosi con le loro carte fedeltà e che rastrellano i tagliandi disponibili (dando vita anche a fenomeni di bagarinaggio ndr). In questo modo i biglietti non arrivano quasi in circolazione. Nel caso del Luton si è arrivati a vendere tutti i tagliandi ai propri tifosi evitando la presenza degli ospiti".

Ci sono segnali di inversione di tendenza?
"C'è poca cultura sotto questo punto di vista. Molti tifosi hanno preferito chiudere con il calcio, altri continuano a accettare tutto quello che richiedono le società. Servirebbe un movimento organizzato, di certo c'è molta insoddisfazione".

Eppure, da qualche tempo a questa parte, si nota che nei settori più popolari le persone hanno ripreso a stare in piedi.
"Vero, ma vale principalmente per i grandi match, nei quali, se si alzano in piedi migliaia di persone contemporaneamente, gli steward non possono fare nulla".

In tv, ma ancora di pù dal vivo si vede come siano mutati gli stadi inglesi: rispetto al passato, davvero pochi i cori che facevano venire i brividi a chi ama questo sport.
"Le ragioni stanno principalmente nel fatto che, come ho detto, è cambiata la tipologia di pubblico e nell'obbligo di stare a sedere".

Che consiglio dà a un tifoso italiano che vuole venire in Inghilterra per vedere qualche gara?
"Di scegliere match di squadre di bassa classifica oppure di scendere di categoria se vuol trovare qualcosa non standardizzato". 

In Inghilterra, invece, cosa arriva del calcio italiano?
"Siamo tutti un po' colpiti dal fatto che gli stadi siano desolatamente vuoti e colpisce ancora di più se si pensa che il calcio italiano sinoa pochi anni fa era considerato un punto di riferimento per tutti".

A quando la traduzione italiana del libro "Theatre of silence" che ha trovato successo anche nella sua versione in tedesco?
"Speriamo presto, ma non dipende solo da me, naturalmente. Ci vuole un editore che voglia scommettere su questa mia fatica".

Fabrizio Vincenti

 

 

 

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