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A Genova, Daspo sacrosanti. E a Udine?
30/04/2012 20:32
A vedere le scene di ieri sera ad Udine, al termine della partita, dicono, c'è da rabbrividire. Molti mezzi d'informazione hanno parlato e scritto di far west, di scene vergognose, di nervi a pezzi per la rissa prolunata tra giocatori e dirigenti di Udinese e Lazio. Noi, francamente, non battiamo ciglio. Abbiamo assistito con noia alle scene televisive. E' il calcio italiano in pezzi, non i nervi; pezzi, probabilmente, non più incollabili. Sempre ammesso che i cocci incollati abbiano un senso. Ma, come ogni Titanic che si rispetti, un ballo e un gin tonic non si negano a nessuno, anche mentre la nave è abbondantemente inclinata. E dunque si fa finta che ancora esista una direzione di marcia che non siano le profondità del mare.
Quanto visto ad Udine, innescato da un arbitro non dotato del minimo buonsenso - regole alla mano sarebbe bastato scodellare la palla e poi fischiare la fine, con il risultato che sarebbe stato comunque favorevole all'Udinese - fa il paio con quanto accaduto pochi giorni prima a Marassi, quando un gruppo di tifosi ha deciso che non si poteva continuare a giocare una gara con il Grifone che veniva umiliato da un Siena qualsiasi. Abbiamo sempre creduto che fosse l'arbitro a decidere la chiusura del match, al massimo le forze dell'ordine. Invece anche i tifosi possono dire stop, basta, facciamola finita. E imporre a un gruppetto di giocatori piagnucolanti di levarsi persino la maglia. Meno male sono stati esentati dalla riconsegna dei pantaloncini. Il tutto sotto gli occhi dell'arbitro e dei poliziotti che guardavano da spettatori non paganti. E il bello è che hanno trovato la faccia (come il culo) di riprendere la gara, una gara che andava dichiarata chiusa irrevocabilmente decine di minuti prima. Incredibile. Forse credibile se si fosse in Colombia.
Come detto, la rissa di Udine non fa altro che il paio con quanto accaduto a Genova; e il paio lo fa anche per la carica di ipocrisia che circonda simili episodi. Ormai nemmeno più numerabili in questo calcio da epoca decadente. Piuttosto, ecco il punto, una domanda ci sorge spontanea: chi è stato protagonista di quella rissa anche sgraziata, con gente che prova a mollare ceffoni e scivola penosamente, con schiaffi visti e rivisti, finirà colpita da Daspo come capiterebbe a qualunque comune tifoso-bue? Già, perché in teoria il provvedimento di interdizione dovrebbe cadere come una mannaia nei confronti di chiunque commetta atti censurabili all'interno degli stadi (e fuori, anche molto fuori, troppo fuori al punto di scadere in odiosi arbitrii in taluni casi). L'unico limite, sacrosanto, sta nel fatto che se sono calciatori o, in generale, persone che nel calcio lavorano possono essere presenti agli incontri del club per cui lavorano o colpiscono un pallone. Ma, per il resto, varrebbe il criterio generale: niente calcio. In castigo e zitti. Accadrà anche per loro, oppure i tifosi genoani dati in pasto all'opinione pubblica dovranno essere i soli a passare i pomeriggi a firmare un registro in questura?
Fabrizio Vincenti

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