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L'imperatore Flavio: "Star fuori č brutto. Ho tanta voglia di sentirmi bene e giocarmela"

19/09/2007 18:32

Pensi alla sfortuna e ti viene in mente un nome, anzi. Due. Antonio Magnani, che dopo l’infortunio contro il Crotone sta lentamente, ma progressivamente cercando la via della guarigione; e Flavio Giampieretti, romano di Passo Corese, sulla via Salaria, 33 anni, sposato con Valentina e papà di due bimbe, Alice e Martina. Giampieretti era sbarcato a Lucca nell’ultimo anno dell’era Simoni, con Fulvio Pea in panchina e, dopo il terremoto di Natale e l’avvento di Fabrizio De Poli, Paolo Stringara. L’infortunio patito con il Monza, nel corso di una partita persa per 3 a 2, ma giocata alla grande, lo ha costretto a stare fermo a lungo: la frattura del perone, infatti, non è cosa da poco. Ma anche il centrocampista romano non è uno che molla facilmente. E, infatti, si era presentato in ritiro svolgendo un lavoro sì differenziato, ma in grado di rimetterlo alla pari con gli altri. Invece, prima la rottura di una costola, poi una distorsione alla caviglia sinistra rimediata in Coppa Italia, ne hanno irrimediabilmente ritardato il rientro nel gruppo. Domenica, prima della partita con il Martina, è andato a prelevare l’amico Magnani a casa e se lo è portato fuori a pranzo con la famiglia. Quindi, insieme, tutti allo stadio ad assistere alla vittoria targata Zizzari-Cipolla e a mangiarsi le unghie per non poter essere là in mezzo.

Come sta, ora, Flavio Giampieretti?

‘Abbastanza bene, anche se ogni volta succede qualcosa che mi impedisce di rientrare in pieno. Prima la costola rotta, proprio quando avevo finito il ritiro e stavo bene, poi la distorsione alla caviglia sinistra, la più debole, dopo la gara di Coppa Italia. Adesso sono qui con tanta voglia di stare bene e di giocarmela con gli altri’. Magnani ha ricordato che domenica sei andato a prenderlo per andare a pranzo. Un episodio che gli ha fatto molto piacere. ‘Io, per le mie caratteristiche, cerco di poter dare una mano, se, poi, vedo qualche compagno in difficoltà, allora mi impegno ancora di più. Si può essere di aiuto anche stando fuori, anche non giocando. Certo, se non avessi avuto tutti questi intoppi, ora sarei insieme agli altri, ma faccio lo stesso quello che posso’.

Che cosa passa per la testa di un calciatore quando è costretto a stare a guardare?

‘Tanto nervosismo, perché come indole, e facendo il giocatore, uno vorrebbe sempre essere là, sul campo. Stando in tribuna, invece, si consumano tante energie e si è spesso nervosi’. Peggio per chi ti sta vicino, allora? ‘Sì, purtroppo in queste circostanze chi ci rimette è la famiglia, ma io ho imparato a trattenermi, anche perché ci sono due bambine con le quali non posso essere scorbutico o brusco. E’ dura, ma si impara a sopportare e a crescere’.

Tu hai la fama di essere un tipo piuttosto riservato e poco incline alle interviste.

‘Diciamo che sono un po’ restìo ai giornalisti e alle trasmissioni, ma non per motivi particolari. E’ che se non ho niente da dire preferisco stare zitto. Non mi piace parlare a vanvera, mentre, se qualcuno mi chiama, però, non ho alcun problema a rendermi disponibile. Taciturno? Forse dall’esterno può sembrare, ma con i compagni cerco di essere sempre pronto a conversare. Ripeto, si può essere utili anche non giocando’.

Sono quasi due anni che sei alla Lucchese. Senza l’infortunio, magari, avresti potuto anche trovare un’altra sistemazione. Sei contento, comunque, di essere rimasto?

‘Sono contento perché io ero arrivato con un certo obiettivo, cioè salire di categoria. Il mondo della C è totalmente diverso, meno ci stai e meglio è. Quindi vorrei raggiungere lo scopo per il quale sono venuto. Del resto la società ha preso un allenatore che è una garanzia, che ti tiene sempre sul pezzo. Quest’anno il nostro obiettivo minimo sono i play-off, vedremo di conquistarli’.

'Anche la stagione passata eravate forti. Poi, però, qualcosa non è andato per il verso giusto. Al di là delle recriminazioni, che cosa, secondo te, è mancato alla Lucchese?

‘Premesso che anche noi giocatori abbiamo avuto le nostre responsabilità, direi che ci è mancata una persona che, nei momenti difficili, non è stata capace di tenerci uniti’.

Tu sei originario di Passo Corese: due passi da Roma.

‘Vero. Ed è nella squadra del paese che ho iniziato. Poi sono passato al Montesacro, un quartiere di Roma, poi all’Empoli dove ho fatto tutta la trafila nelle giovanili, Quindi alla Lodigiani in C1, poi al Teramo in C2 e poi ancora ad Empoli dove ho giocato due stagioni in serie B e altrettante in serie A. L’allenatore che ricordo più volentieri? Silvio Baldini, è lui che ha saputo valorizzarmi al massimo’.

Al. Gra.

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