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Grinta, continuitā, unitā di intenti. Riflessioni in ordine sparso dopo la vittoria con il Gallipoli

15/10/2007 12:37

Contro il Gallipoli abbiamo avuto un'altra conferma, se ce ne fosse stato di bisogno, che il calcio, come la vita, è fatto di episodi: la Lucchese ha disputato una partita di carattere e intensità simile, se non inferiore, a quella con la Salernitana. In un caso ha trovato sulla sua strada Di Napoli, nell'altro ha messo in pista Giovanni Cipolla. Contro i granata la prima distrazione fu fatale, contro i giallorossi sono stati gli uomini di Braglia ha essere cinici sfruttando la prima vera palla gol, frutto di una dormita della difesa pugliese. Si può trarre una morale da tutto questo? Per noi si, ed è sintetizzabile in una delle frasi che hanno reso famoso Giovanni Trapattoni: non dire gatto sino a che non lo hai nel sacco. In passato troppe volta a Lucca si sono create le condizioni per fare naufragare esperienze e opportunità che ancora potevano essere colte.

Lo scorso campionato è emblematico: il convincimento che i rossoneri non ce l'avrebbero fatta è iniziato dopo la sconfitta con il Sassuolo e più ancora dopo Ivrea. Eppure il campionato era ancora lungo, eppure la Lucchese persino a Monza, a metà del girone di ritorno, ha avuto un match ball per rientrare prepotentemente in lotta per la promozione. Ecco perché chi predica la calma, chi dice di avere pazienza e di remare nella solita direzione ha il nostro incondizionato appoggio: stavolta non vogliamo avere nessun rimpianto.

Questo campionato è troppo importante perché si rischi di buttare via anche una sola opportunità che dovesse rimanere. Finchè c'è vita c'è speranza, insomma. E il segnale dato ieri dalla squadra e dal pubblico è di quelli forti e chiari: unità di intenti, coesione, voglia di soffrire insieme. L'abbraccio di undici giocatori (compreso Gazzoli) a Mauro Briano è una di quelle immagini che, chi ama questa maglia, porterà a lungo dentro, come pure quelle immagini sorridenti di chi era in panchina ma che si è sentito, magari forse per un attimo, ugualmente protagonista. Piero Braglia in settimana aveva detto, anche come sprone, che questa squadra non era la sua. Non lo è ancora, ma certo sta diventando un gruppo affamato che è la premessa per ogni successo negli sport di squadra.

Due parole sul pubblico: i soliti "quattro gatti" stavolta sono diventati qualcuno di più, erano oltre tremilacinquecento i presenti, ma quello che ieri ha colpito è la determinazione, la voglia di crederci, di essere al fianco della squadra - una gradinata così calda non la ricordavamo da tempo -, anche questa è una premessa importantissima per fare bene. La sincronia nei cori tra la curva e la gradinata ci ha colpito ed è una riprova che tutti insieme si può fare bene. All'appello, ma solo da un punto di vista numerico, manca ancora la curva. Qui crediamo che ormai sia un fattore generazionale a essere determinante e c'è solo da augurarsi che i più giovani trovino la forza per coinvolgere sempre di più i loro coetanei. Di sicuro, i risultati della squadra potrebbero dare una mano. Come una mano potrebbe darla quella volontà, che sta formandosi, di superare le incomprensioni tra i tifosi stessi e tra di essi e la stampa. Ben vengano incontri: siamo da sempre convinti che il dialogo e il guardarsi in faccia risolve più di tanti altri rimedi.

Piccola nota stonata di ieri: più di un tifoso si è scagliato contro gli ex rossoneri, ora con la maglia del Gallipoli; anche contro Lucas Correa, un ragazzo sempre disponibile, perbene, mai una parola fuori posto che a Lucca non si è espresso al massimo. Ci piace pensare che il rispetto venga per gli atteggiamenti che uno tiene nella vita e in campo, a prescindere dalle maglie che vengono indossate. Anche gli ex fanno parte della Lucchese, come chi ci gioca oggi e chi ci giocherà domani. Se vogliamo crescere si deve avere la forza di sprovincializzarsi anche in questo, prendendo esempio da piazze molto più importanti della nostra dove agli ex, se, e sottolineiamo se, si sono comportati onestamente, viene riservato sempre un applauso. Poi, in campo, chiaramente, ognuno per la sua strada.


Fabrizio Vincenti

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