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Per i rossoneri č giā 'sindrome interista'?
29/10/2007 17:07
Lucca chiama, Milano non può rispondere. Da più parti - taluni
sfoderando un cinico sorriso - paragonano la situazione della Lucchese a
quella che, per anni, ha attanagliato l'Inter del patron Moratti,
naturalmente con le debite proporzioni. Spese superiori alla media,
investimenti fallimentari, giocatori di sicuro avvenire che si perdono
alla prima curva, stuoli di personaggi che si sono fatti tondi alle
spalle del "povero" petroliere, esperti professionisti che regrediscono
a livelli imbarazzanti, allenatori di totale affidamento che finiscono
per incappare in esoneri umilianti, episodi sfortunati che si
accaniscono con puntuale precisione. Insomma, un quadro che ha portato
il popolo nerazzurro sull'orlo - chi scrive assisté di persona ad una
crisi di nervi collettiva dello stadio milanese per un fallo laterale
perso malamente nei primi minuti di una gara - del baratro. Le
similitudini, i corsi e ricorsi finiscono qui. A Milano ne sono venuti
fuori perché le capacità economiche della famiglia Moratti sono
illimitate e perché, lo scorso anno, con una sorta di golpe bianco di
palazzo sono cambiate le gerarchie del potere calcistico. almeno sino a
nuova controrivoluzione. Niente di tutto questo può adattarsi al caso
della piccola e povera Lucchese. Ecco perché non è in direzione Milano
che si deve guardare se si vuole venire fuori da questa situazione che
definire kafkiana è forse dire poco. E nemmeno si deve pensare, con
fare riduzionistico, che la spiegazione sia una e una soltanto: la
piazza non è matura, chi viene qui non ha pressioni, oppure ne ha
troppe, la società non ha ancora risolto alcuni problemi, si fa la
squadra di esperti ma servono giocatori giovani, si fa la squadra di
giovani ma servono vecchi marpioni. Non può esserci una sola causa a
determinare tanti rovesci quanti ne ha collezionati la Lucchese in
questi anni. Senza dimenticare che il destino pare provi una
soddisfazione smodata nell'accanirsi dove il terreno è già intriso di
problemi. Insomma, il culo, prosaicamente parlando, non abita da queste
parti. Che fare dunque? Meglio partire da cosa non fare: buttare il
cappello per aria. Sarebbe devastante, forse mortale per la
ultracentenaria pantera rossonera. Se c'è qualcuno che crede che sia da
rivoluzionare ex novo la squadra o che sia il momento di dare tutto in
mano ai ragazzi della Berretti si accomodi. Ci pare portare la Lucchese
al plotone di esecuzione. Intendiamoci, degli innesti di gente motivata
- e ieri Renzetti lo ha dimostrato in pochi minuti che cosa significa
avere la fame e concentrazione - c'è bisogno. Ma questa è la squadra,
questa il suo gruppo e i suoi quadri dirigenziali. Sono loro che
devono, obbligatoriamente, portare fuori dalle (ennesime) secche la
Lucchese. E i tifosi? L'appello è solo per i forti di cuore, i rotti
ormai a tutte le delusioni, quelli del "mai una gioia" o degli "anni
buttati". Quei tremila, insomma, assente più assente meno: provino a
andare avanti, per avere la coscienza a posto, perché tanto non
cambierebbe nulla mollare ora, perché la Lucchese comunque è parte di
loro. Poi, a fine gara, i fischi, se necessari, saranno ancora più
meritati. Ultima notazione: sapete quanti punti aveva il Grosseto lo
scorso anno alla decima di campionato? Dieci. Facciamoci (tutti) del
male pensando che anche questa stagione sia finita già ora. In questo,
Milano sponda interista è davvero vicina.
Fabrizio Vincenti

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