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Magnani: "Un sogno? Vincere qualcosa qui, nella mia cittā"

07/11/2007 17:31

"Tra fare bene una cosa e farla male c'è solo una differenza: il risultato. L'impegno, lo sforzo e il tempo perso spesso sono i soliti. Dipende da noi scegliere se fare bene o male". Parole di Corrado Orrico che Antonio Magnani ha fatto sue, come scelta di vita. Più parli con Antonio - lo incontriamo alla fine della visita alla scuola media Buonarroti - e più ti rendi conto che lo stereotipo del calciatore superficiale, bizzoso, un po' divo anche nelle categorie inferiori come la serie C è, appunto, uno stereotipo che qualcuno decide di attaccare a tutto un mondo. Un po' come chi ritiene che i tifosi siano tutti delinquenti. Antonio Magnani è un concentrato di umiltà e determinazione. Ed è anche un tipo che cerca di leggere la realtà intorno a lui, ora più che mai visto che il tempo, purtroppo, non gli manca.

Come stai trascorrendo le tue giornate?
"La mattina la passo in bici a fare potenziamento senza dovere correre a piedi. Il pomeriggio lo passo a Pistoia dal professor Datteri dove per sei ore faccio riabilitazione e potenziamento. Per il momento questo posso fare e questo faccio. Da gennaio, però, dovrei iniziare a riavvicinarmi al rientro. Naturalmente, ci sarà anche da ritrovare la condizione dopo un infortunio di questo genere".
Il peggio è passato, ma i dubbi sul tuo futuro con due infortuni di una certa gravità in poco tempo ti saranno venuti.
"Guarda, non sai le volte che ci ho pensato. Non avevo ancora smaltito la rabbia per l'altro infortunio che mi sono trovato in testa questa altra tegola. E' stato davvero brutto. Poi inizi a reagire. Sembra ieri ma sono già passati più di due mesi. Di sicuro ritroverò la felicità quando potrò riscendere in campo. Mi pesa tantissimo dover star fuori".
In effetti è una situazione un po' particolare la tua, come quella di tutti gli infortunati: sono in una squadra ma non ne possono respirare appieno l'aria.
"Esatto: è come essere dentro a una cosa, ma non del tutto. Come non poterla vivere totalmente e per me è durissimo da accettare. Ho come una rabbia dentro, una voglia di fare che devo tenere a bada in attesa di sfogarle riprendendo a giocare. Certo, a vedere gli altri che giocano e io in tribuna mi viene da mangiarmi le mani ".
Nella tua carriera hai sempre cercato di dare tutto quello che avevi e forse anche per questo che i tifosi ti vogliono un gran bene.
"Io la penso così: si deve dare il cento per cento di quello che si ha dentro. Sempre. Per carità, le partite le ho sbagliate pure io, ma una volta uscito dal campo, perché ho dato sempre tutto me stesso, posso guardarmi allo specchio e guardare tutti gli altri. E naturalmente accettare le loro critiche. Se c'è qualcosa da chiarire io sono disposto a farlo, nei giusti modi, con tutti, anche con i tifosi che, non dimentichiamoci, pagano. Il calcio lo intendo così e anche la vita".
E a volte con la volontà si sopperisce a tante cose.
"Scherzi? Pensa a chi, come il Pisa, ha vinto il campionato lo scorso anno: ti sembrava tecnicamente una squadra superiore alla nostra? E' determinante la volontà. Unita anche alla fortuna, penso alle nostre partite di Monza e con il Grosseto in casa e mi monta ancora la rabbia. Alcuni episodi fortuiti - ho il ricordo di quella rimessa all'ultimo minuto con i maremmani - hanno contribuito a farci perdere il tram della promozione".
Torniamo ai tifosi: da parecchio tempo, tra loro,  va avanti una sorta di dibattito  tra chi sostiene che i cori debbano essere riservati solo alla maglia e chi pensa che sia giusto gratificare anche i singoli calciatori che lo meritino.
"Non mi permetto, naturalmente, di giudicare le opinioni altrui. Posso solo dire la mia: è chiaro che un giocatore riceve una carica particolare a sentire urlare il proprio nome. Viene la pelle d'oca. E' importante, credimi. Del resto, si vive anche di queste soddisfazioni. Questo senza nulla togliere alla maglia e al valore che essa rappresenta per i tifosi. L'altra sera per esempio ho sentito cori per Masini quando è stato sostituito. Mi ha fatto un grandissimo piacere, Simone ha dato tanto alla Lucchese e a volte ha ricevuto critiche immeritate".

Nonostante la tua giovane età sei una bandiera per molti tifosi lucchesi; eppure non è mai facile essere profeti in patria,  al punto che molti calciatori preferiscono non andare a giocare nella squadra della propria città.
"All'inizio non è stato facile, credimi. Forse ero anche più inesperto, ma sembrava che per il fatto che io fossi di Lucca dovessi essere ancora più oggetto di contestazioni di altri. Ora mi sento pienamente a mio agio e sapere che la gente mi vuole bene, mi ferma, mi cerca, anche ora con l'infortunio ho avuto tantissime persone che mi hanno manifestato il loro affetto. Sarebbe bellissimo vincere qualcosa qui. Nella mia città".
Che mi dici di questo campionato?
"Lo vedo bene. Se riusciremo tutti a fare la nostra parte possiamo fare molto bene. Ci manca ancora continuità ma questo è un gruppo forte, fatto da giocatori che hanno esperienza, grinta e volontà. E con un allenatore molto in gamba. E' ora di finirla di dire che a Lucca non si può vincere e che c'è una sorta di incantesimo".
I mesi passano veloci, in primavera, quando spesso si decidono i campionati, ci sarà anche Antonio a fare la sua parte perchè il prossimo anno i giocatori rossoneri - come ci ha detto lui - tornino ad avere il proprio nome sulle maglie. Alla faccia degli incantesimi.

Fabrizio Vincenti

 

 

 


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