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Ciccio Bellucci: " Peccato non poter essere a giocare con Braglia."
29/08/2007 16:52
Come deve essere dura dover restare fuori quando, invece,
vorresti essere là, in mezzo al campo, con i tacchetti che frantumano
le zolle di terreno e con il profumo dell'erba appena tagliata. Ne sa
qualcosa Francesco Bellucci, 34 anni, difensore da una vita, coriaceo,
roccioso, grintoso, ma allo stesso tempo semplice, gigante buono
innamorato dei sapori della terra, del suo trattore sul quale, appena
può, torna per lavorare la terra da cui proviene e dove è nato: le
Marche. Quel maledetto infortunio di alcuni anni fa, gestione tecnica
di Daniele Baldini, ha prodotto un calvario che si è interrotto solo
quest'anno, con la decisione di appendere definitivamente le scarpe al
chiodo. Gazzetta Lucchese lo ha incontrato nelel nuovi vesti di team
manager..
Quanto ti è costato smettere con il calcio giocato?
Molto. A trentaquattro anni sei ancora
giovane e altri due o tre anni buoni di carriera puoi averli di sicuro,
ovviamente se sei integro. Purtroppo, i problemi al ginocchio mi hanno
impedito di continuare. Sì, mi è costato parecchio.
Cosa si prova a stare fuori?
Si
prova una grande, infinita rottura di scatole. Mi girano eccome, perché
se smetti a quarant'anni è un conto, mentre se devi farla finita a
trentaquattro e non per colpa tua, hai una rabbia dentro che non
finisce mai.
Come ti trovi nelle vesti di team manager rossonero?
Il
nuovo ruolo mi piace, mi ci trovo benissimo, anche perché la società mi
fa sentire utile alla causa. Poi, avendo giocato a lungo al calcio,
sento di poter essere importante anche nell'aiuto verso i compagni.
Sono molti, infatti, i vantaggi dall'essere stato fino a pochi mesi fa
un calciatore come loro. Conosco bene tutte le situazioni, come trovare
e dove una casa, dove andare a mangiare. Avendole vissute personalmente
posso capire il momento e le esigenze del giocatore. Anche una
stupidaggine può essere importante per uno che deve scendere in campo.
La domenica, ad esempio, è fondamentale che il giocatore trovi pronte
certe cose, così come non deve preoccuparsi dei biglietti per familiari
e amici. Ci sono io che provvedo su loro indicazione.
Insomma, ti devi occupare di tante cose, anche diverse tra loro.
Sono
piccole cose che solo chi ha giocato può capire, mentre per gli altri
possono apparire delle cavolate. Io certe cose le avrei volute quando
ero giocatore e, invece, non le avevo. Quando qualcuno mi dice di
portargli l'auto nella città in cui si va a giocare in trasferta, io lo
faccio. Non possono essere presi dal pensiero di doversi affidare a
chissà chi. Loro devono pensare solo a giocare e ad allenarsi.
Come ti trovi accanto a un allenatore come Braglia?
Può
apparire scontato dire certe cose, ma con il mister mi sono trovato
subito bene. Sembra che ti conosci da una vita. Io che ho avuto molti
allenatori, ma quello che mi ha aiutato di più anche dal punto di
vista umano è stato Carletto Mazzone. Ecco, io l'ho paragonato a lui,
per come parla, per il modo in cui prepara le partite, per come motiva
e stimola i giocatori. Anche Mazzone era come lui, diretto, e i
ragazzi oltre a giocare per la società, giocano per l'allenatore.
Semmai ho un grande rammarico: mi sarebbe piaciuto averlo come
allenatore sul campo.