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Il punto di Aldo Grandi

Osare l'inosabile: Scalise insegna

11/01/2008 15:13

 

Aldo Grandi - La Nazione

Qualcuno si sarà accorto che in questa rubrica la parola osare e i suoi derivati vengono utilizzati con una certa regolarità. Non a caso. La convinzione è che, infatti, la volontà di poter centrare gli obiettivi fissati può essere più forte di tutti gli ostacoli e un viatico eccezionale. 'So quello che voglio, voglio quello che so, posso quello che so e che voglio'. Sono parole di Cartesio, uno che, in fatto di volontà e intelligenza, non era certo secondo a nessuno. Al di là delle dovute distinzioni - stiamo pur sempre parlando di ventidue persone che corrono dietro ad una sfera - questo modo di pensare potrebbe adattarsi benissimo anche alla Lucchese e al suo allenatore, Piero Braglia. Osare l'inosabile vuol dire fare oggi quello che potrebbe essere inutile fare domani; vuol dire assumersi le responsabilità senza delegarle a chicchessia; vuol significare essere consapevoli che, spesso, i treni passano, nella vita, una volta sola e non si può non provare a salirci sopra. Soprattutto se, per certe persone, potrebbe anche accadere che il treno, una volta passato, non torni più.

Il riferimento è, non ce ne voglia, a Manuel Scalise (nella foto) e a tutti quei ragazzi che, come lui, hanno un cuore grande come una casa, ma mezzi tecnici non sempre in grado di traghettarli nel calcio che conta, la serie A. Eppure se un giocatore, tra quelli che stanno dando lustro alla Lucchese va scelto per abnegazione, spirito di sacrificio, simpatia, umiltà, quello è proprio lui, questo giovane originario di Milano, passato da Sangiovannese e Pavia via Grosseto, assurto a una momentanea notorietà quando disputò i play-off con i valdarnesi, ma ripiombato nell'oscurità perché il calcio, signori, è fatto anche così. E, allora, quest'anno eccolo, Manuel Scalise, a rimettersi in gioco e a cercare un riscatto allenandosi senza risparmio. Diciamocela tutta: uno che, come lui, a Sanbenedetto del Tronto, si mangiò un gol grosso come una casa, sarebbe finito nel dimenticatoio. Invece non solo è rimasto al suo posto, ma un posto da titolare se lo è conquistato con il sudore e la volontà. Ecco dove osare è importante, perché mai nessuno potrà rimproverare qualcun altro per il risultato non raggiunto se, per conseguirlo, sono state impegate tutte le proprie risorse, se, cioè, non esistono rimpianti. Non è, quindi, importante vincere o riuscire, ma fare il possibile per provarci. Non è la perfezione che conta, poiché essa è, per natura, irraggiugibile, quanto la ricerca della medesima. Così è per il calcio che, pur essendo un gioco, racchiude in sé le metafore dell'esistenza. Nel pallone c'è tutto: passione, gioia, entusiasmo, amarezza, delusione, in sostanza: emozioni.

Anche i tifosi, però, devono osare l'inosabile, devono, in altre parole, diventare davvero il dodicesimo uomo in campo, sospingere veramente la squadra verso la vittoria, sentirsi partecipi di un momento, di un'emozione irripetibile. Solo in questo modo, attraverso, cioè, la fusione di tutte le sue componenti, il calcio rossonero potrà, a fine stagione, togliersi le soddisfazioni che merita. Nel frattempo, però, c'è l'Ancona dell'ex Monaco. La città deve stringersi accanto ai propri beniamini: volente o nolente. Qui c'è in ballo non solo un pallone, ma l'immagine intera di Lucca e dei lucchesi.

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