Leviamo i ganzi di loggia
Il punto di Aldo Grandi
Alessandro Del Bianco, chi fu costui?
24/12/2009 22:56
Il 19 dicembre sono stati sei anni dalla morte di Alessandro Del Bianco, collega del quotidiano La Nazione, inviato principe degli anni Novanta al seguito delle truppe rossonere su e giù per la penisola. Quella maledetta notte del 2003 la sua Audi A4 si schiantò contro un Tir inspiegabilmente fermo davanti al casello autostradale di Pisa Migliarino sulla A11. Erano le 3 o giù di lì. Il cadavere del giornalista lucchese venne identificato quasi subito, ma per informare parenti e amici, fu necessario attendere alcune ore. Non appena la notizia si diffuse, lo sgomento assalì chi, con lui, aveva lavorato gomito a gomito per così tanto tempo.
L'altra mattina, alla chiesa di Sant'Anna, la solita, quella del funerale, c'è stata la messa che la famiglia fa dire ogni anno in occasione dell'anniversario della scomparsa. La tomba di Alessandro si trova nel piccolo cimitero di Vicopelago, in una sorta di pace eterna mai disturbata da chicchessia. Alessandro è stato uno dei più brillanti giornalisti sportivi che la nostra città abbia mai avuto. Velocissimo con i tasti del Pc, capace di produrre a ritmi vertiginosi i pezzi del dopo partita, sempre in viaggio per tornare il più presto possibile a trascorrere la domenica sera con gli amici di sempre. A distanza di sei anni non sarebbe male se qualcuno organizzasse qualcosa, un evento, una serata, un corso, una lezione, una lecture sul giornalismo di una volta, non per crogiolarvisi sopra, ma per raccontare che era sicuramente diverso da quello di oggi, dove tutti, cani e porci, hanno i loro portavoce. Alessandro era un giornalista, anzi, un cronista con la C maiuscola. Furbo, scaltro, professionale, sempre elegante, con le phisique du role del giornalista, sicuro di ciò che scriveva, pochi fronzoli, attento all'essenziale. Col tempo la sua verve, ma capita a chiunque, lasciò il posto a una sorta di indulgente e simpatica indolenza, ma quando c'era da darsi una mossa, più o meno alacramente si metteva al lavoro riuscendo a bruciare tutti sul tempo.
Alessandro Del Bianco, chi fur li maggior sui? Già, in una città e in una realtà che tutto fagocita e tutto dimentica - come ovunque, del resto - la sua scomparsa sembra così lontana e, allo stesso tempo, così vicina. Guardare la sua fotografia è come andare indietro nel tempo. A noi che lo abbiamo conosciuto e frequentato non dispiacerebbe venisse ricordato un po' più spesso. Cronisti, in questo mestiere, ne nascono sempre meno e sempre meno amano diventarlo. Giornalisti, invece, lo sono un po' tutti e altrettanti aspirano ad esserlo.
Eppure un buon cronista vale tanto oro quanto pesa. Pardon: valeva. Adesso ci sono gli uffici stampa, i segretari o le segretarie più o meno personali, le e-mail che, almeno, fanno risparmiare la carta. Com'era diverso, una volta, quando le notizie si rimediavano perché si aveva la capacità, umana e professionale, così come la faccia tosta, di andarsele a cercare. Nessun rimpianto, ma la certezza che se Alessandro fosse ancora vivo, la penserebbe, amareggiato, allo stesso modo. Così, quando ci siamo trovati, una settimana fa, al centro sportivo Sandro Vignini in mezzo a tanti ex rossoneri, dirigenti e calciatori, la mente non ha potuto fare a meno di andare indietro nel tempo. Lui, infatti, è stato il mentore di quella straordinaria stagione calcistica.
Aldo Grandi