Leviamo i ganzi di loggia

Il punto di Aldo Grandi

Le dichiarazioni di Favarin nel dopo gara? Musica per le nostre orecchie. Il mister dice sempre quello che pensa e noi lo stimiamo per questo, anche quando non siamo d'accordo con lui

17/01/2010 22:26

 

Era ora. A noi mister Favarin piace perché in campo si incazza come una bestia, perché vorrebbe fare il diplomatico, ma non ci riesce e la sua verve sanguigna esce fuori quando meno te lo aspetti. A noi Favarin piace perché parla poco, ma quando lo fa, quasi sempre ci trova d'accordo. Così, oggi pomeriggio, in sala stampa, ha rilasciato delle dichiarazioni piuttosto robuste e non proprio galanti nei confronti del direttore generale del Bellaria Daniele Deoma e della nostra testata. Noi, leggendo quello che il tecnico rossonero ha detto ai giornalisti, non abbiamo potuto fare altro che compiacerci e manifestare soddisfazione. Se un allenatore che ha vinto un campionato a Lucca stracciando ogni avversario e un altro lo sta, letteralmente, divorando, ecco, se questo allenatore, davanti a microfoni, taccuini e videocamere se la prende con Gazzetta Lucchese, allora vuol dire che questo piccolo mezzo di informazione è diventato, davvero autorevole. 

Quella di Favarin è una critica che noi accettiamo volentieri perché viene dalla bocca di un uomo onesto, che fa del lavoro e della serietà professionale il bagaglio essenziale della sua esperienza calcistica. In appena due anni e mezzo di vita Gazzetta Lucchese - un semplice, piccolo notiziario di informazione sportiva on line - è riuscita a conquistarsi uno spazio nel panorama dei mezzi di informazione cittadini. Da tre stagioni non ha mai mancato un appuntamento, seguendo puntualmente, in giro per l'Italia, tutte le gare ufficiali della Lucchese. E scusate se è poco. Mercoledì scorso, in occasione della partita con il Poggibonsi, è stato superato il tetto di tremila contatti quotidiani. Dal 2 dicembre 2009 al 2 gennaio 2010 sono state 9 mila le diverse postazioni Pc che si sono collegate al sito, per un totale di decine di migliaia di contatti complessivi. E da tutto il mondo, ovunque c'è un cuore che batte per i colori rossoneri. Il record, quello davvero imbattibile almeno per ora, è rappresentato dagli oltre 10 mila contatti in un solo giorno, quello, purtroppo, in cui la Lucchese è scomparsa dal panorama calcistico professionistico.

Il più bel complimento lo abbiamo sentito e ricevuto dal presidente Giuliani, con il quale è anche capitato di scontrarsi: "Almeno una volta al giorno, dovunque mi trovi, con il cellulare clicco su Gazzetta Lucchese". Ecco perché le parole di Giancarlo Favarin ci hanno lusingato nonostante egli abbia voluto bacchettarci. Da un amico o, più semplicemente, da una persona che si stima, si accettano, soprattutto, le critiche, ma non si resta in silenzio accettandole passivamente. Al contrario, si cerca il confronto. Diretto. Quando Favarin dice che se avesse perso con il Bellaria si sarebbe mangiato un topo, la battuta è simpatica, ma avrebbe dovuto essere pronunciata, magari, prima dell'inizio della gara. Comunque sia a qualcuno non deve essere andata giù la dichiarazione di Deoma su Gazzetta Lucchese relativamente al fatto che la Lucchese non è il Barcellona. E così, come il buon vecchio Daniele ha sentito il bisogno di difendere la propria creatura, così il Giancarlo di casa nostra gli ha risposto per le rime. Fin qui niente di strano e, anzi, la nostra legittima soddisfazione di essere stati il terreno di... scontro prescelto per questo duello rusticano.

Ma Favarin ha rincarato la dose quando ha detto che sul nostro notiziario on line vengono troppo spesso intervistate persone che non avrebbero titolo a comparire perché non hanno fatto la storia della Lucchese, riferendosi, in questo caso, a Daniele Deoma che, a suo avviso, farebbe meglio a stare zitto. Qui il tecnico commette un doppio, perdonabile errore: sia quando dice che Gazzetta Lucchese intervista gente che non avrebbe titoli per essere intervistata; sia quando se la prende con Deoma paragonandolo a Inglese. Ebbene, con tutto il rispetto per quest'ultimo, Daniele Deoma a Lucca ha scelto di vivere, a Lucca ha deciso di far crescere i suoi figli, a Lucca ha giocato e fatto divertire. Noi apprezziamo Favarin che ci sceglie come interlocutori, ma non capiamo per quale ragione dare voce a gente come Deoma, Carruezzo, Donatelli, Alvaro Vannucchi, Di Gennaro, Masini o fare dei ritratti della loro carriera in rossonero significhi chissà che cosa.

Ci siamo già sentiti tirare in ballo perché sponsorizzeremmo questo o quel giocatore, questo o quel dirigente. Siamo stati accusati di voler seminare zizzania, di nascondere complotti per favorire chissà quali cordate. A noi, sentendoci dire queste cose, viene da ridere. L'unica cordata degna di questo nome la guida e l'ha guidata Giuliano Giuliani il quale, dopo qualche incazzatura reciproca, mette tutto in un cassetto e non se ne parla più. L'intervista di venerdì su Gazzetta Lucchese - in realtà poche, pochissime parole - a Deoma voleva essere il classico pezzo in cui l'ex racconta di come si sente ad essere il direttore generale del Bellaria dopo aver giocato anni nella Lucchese. Anche il più semplice manuale di giornalismo sportivo e non insegna queste cose. Lasciamo, quindi, perdere il male endemico di questo Paese: la dietrologia, che vorrebbe spiegare ciò che, nella realtà, non ha altra spiegazione che quella più facile e semplice. E pulita. Noi abbiamo girato mezza Italia al seguito di gente come Ciccio Bellucci, Toni Carruezzo, Daniele Deoma, Simone Masini, Antonio Magnani e via dicendo: e lo abbiamo fatto quando sugli spalti di certi stadi di second'ordine, con la Lucchese in fondo alla classifica, c'erano i soliti pochi tifosi agguerriti. Li abbiamo conosciuti e li abbiamo apprezzati pur senza esserne amici e senza esserlo adesso. Ma se l'amicizia è un qualcosa di troppo profondo e soggettivo, la stima e il rispetto, professionali, ma non solo, quelli non li può uccidere nessuno. Saremo, come sempre, al fianco di Favarin che ha dimostrato con i fatti di meritarsi questa chance, ma siamo e saremo anche vicini a coloro i quali, in rossonero, forse non avranno disegnato la storia, ma hanno regalato emozioni. E questo, in fondo, è quello che il calcio dovrebbe saper dare.      

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