Leviamo i ganzi di loggia
Il punto di Aldo Grandi
Se gli imbecilli volassero, il cielo sarebbe pieno di uccelli... Fortuna che ancora nessuno ha avuto le ali
07/03/2010 23:13
Troppo facile. Troppo facile complimentarsi e stringere le mani a destra e a manca, al presidente Giuliani, al tecnico Favarin e al diesse Giovannini quando le cose andavano bene. Dieci punti di vantaggio ed ecco che ormai, andare allo sadio era diventata una formalità da sbrigare alla svelta, tanto per divertirsi ad arrivare in C1 il più presto possibile. Troppo semplice pensare che tutto sarebbe finito ancor prima di cominciare, ma i risultati, effettivamente, l'avevano messa davvero così. Ora, a quanto pare, stiamo assistendo ad una inversione, speriamo momentanea, di tendenza. La Lucchese non è più quello schiacciasassi di qualche mese fa, non fa più divertire e, soprattutto, comincia a far pensare che ciò che era stato dato per scontato, al contrario, sia tutto da rivedere.
Oggi, allo stadio, si sono avvertiti parecchi fischi, in particolare dalla tribuna, all'indirizzo dei giocatori e, chissà, forse anche di qualcun altro. Poi, all'uscita, tra i tifosi che rientravano dallo stadio, non sono mancati anche i commenti velenosi verso le scelte tattiche, le sostituzioni, i giornalisti che non avrebbero il coraggio di dire chissà poi che cosa (sempre la solita storia). Quando la nave affonda, si dice, i topi scappano, ma non solo la nave non sta affondando, ma tiene ancora bene il mare e non sembra avere problemi né, ci pare, c'è qualcuno che la vuole spremere come un limone e farle fare la fine del Titanic, troppo veloce e troppo sicuro per non finire contro un iceberg. La Lucchese, però, non ha al timone un comandante prossimo alla pensione e deciso a far del suo ultimo viaggio una sorta di record mondiale di velocità. La Lucchese non ha esagerato i conti né sfruttato la buonafede e i portafogli dei cosiddetti passeggeri di terza. Anzi. Ha fatto tutto da sé e nulla ha avuto né ha chiesto al pubblico che, infatti, a parte i soliti 1500, non è che abbia mostrato grande interesse alla sua rincorsa verso dove era stata lasciata.
A poche giornate dalla fine sarebbe un suicidio mettersi a fare processi o decidere di andare in terapia psicoanalitica. Non ce n'è il tempo né, probabilmente, nemmeno il bisogno. Poi non si capisce perché si dovrebbe fare un dramma quando è abbastanza chiaro che basterebbe un risultato positivo, magari eclatante, per ritrovare quella fiducia in se stessi che, anche oggi dopo il primo gol subìto, è venuta a mancare. Purtroppo questa Lucchese era stata abituata male dai suoi avversari: una vittoria dietro l'altra, un cammino apparentemente tutto in discesa, corazzata di qui, portaerei di là, nessuno capace di batterla e via dicendo. Peccato che, alla fine, tutti si siano convinti che la vittoria era diventata quasi un diritto piuttosto che il frutto di un costante sacrificarsi e applicarsi. E' iniziato il girone di ritorno e, come accade sempre, le partite sono un po' più difficili anche perché gli avversari cominciano ad avere il fiato corto e il respiro sul collo o per paura di finire nei play-out o per desiderio di accedere ai play-off.
Ecco, il problema sta proprio nel fatto che tutti si aspettano che la Lucchese uccida, domenica dopo domenica, la squadra contro cui gioca e non capiscono che, a questo punto, bisogna ritrovare l'umiltà, il costruirsi la casa gara dopo gara, mattone dopo mattone, senza giocare con sufficienza o nella convinzione che anche se si sbagliano quattro occasioni di seguito l'avversario, essendo tramortito e in balìa dei rossoneri, rinunci a combattere o a provarci. Irritante è stato, oggi nel finale del primo tempo, l'arrembaggio rossonero alla porta di Gaudino, un susseguirsi di tira e molla batti e ribatti che non hanno provocato se non la sensazione che quando troppo sbagli, alla fine paghi dazio. Così è stato. Tuttavia, e visto che gli imbecilli potrebbero volare e riempire il cielo, ma, fortunatamente, non hanno le ali cosicché può anche capitare di trovarsi sopra la testa un bel manto di colore azzurro, noi rinunciamo a qualsivoglia tipo di non solo di processo, ma anche di semplice critica. Piena e incondizionata fiducia a Favarin, Giovannini e Giuliani che hanno restituito una dignità a questa società. I primi due, in particolare, hanno ora bisogno di sentire vicino tutto il calore del mondo. Ce l'hanno non perché sia una necessità, ma perché se lo sono meritato e guadagnato.