Cronaca Partita
Tutto il campionato della Lucchese Libertas
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Maurizio Silva: "In questa avventura non per soldi né altro, ma solo per amore di questo sport e per la Lucchese"
12/12/2008 05:17
Maurizio Silva, l'architetto Maurizio Silva, è stato l'ultimo
dei fedelissimi di Fouzi Hadj, colui che ne ha tenuto in vita, con cura
e pazienza certosina, la squadra, facendola militare nel campionato di
terza categoria, roba da farsi accapponare la pelle se si pensa che
incarico analogo l'ex presidente rossonero aveva affidato a Francesco
Bellucci sentendosi rispondere con un rifiuto. Ora, dopo la morte della
squadra, forse ascoltare le sue parole può essere utile, se non altro,
a conoscere meglio questi ultimi mesi della gloriosa società rossonera.
Chi è Maurizio Silva?
"Nato e cresciuto a Lucca, sono uno che, come tanti, tifa Lucchese. Niente di più, niente di meno".
Quando è venuto a contatto con i colori rossoneri per la prima volta?
"Il primo ricordo nitido è del ‘75 al ristorante Solferino, quando
trovai a cena alcuni dei giocatori che vestivano la maglia rossonera
che vedevo in campo la domenica allo stadio. La cartolina con gli
autografi di Scarpa e degli altri giocatori la conservo ancora"
Quando, invece, ha conosciuto Fouzi Hadj e la nuova dirigenza del post-Grassi?
"Il presidente Hadj e i suoi collaboratori li ho conosciuti al primo
anno della loro venuta a Lucca, quando mi venne richiesto di occuparmi
del progetto architettonico dell’Accademia, della ricerca di una
possibile localizzazione della nuova sede sociale e di un’area su cui
poter realizzare un campo in sintetico, impossibile da fare
all’Acquedotto per le note restrizioni urbanistiche. Erano i tempi
dell’abbondanza, ma già erano chiari i sentori che alcuni provavano ad
approfittare delle disponibilità economiche che, allora, di certo non
mancavano".
Come ha accolto la notizia della scomparsa della società rossonera dal calcio che conta?
"Quanto accaduto da maggio in avanti l’ho potuto vivere abbastanza in
diretta. Le cordate fantasma, i portavoce, i tentativi del comitato,
l’ultima giornata con i giocatori in sede ad aspettare il bonifico, a
sancire la vendita della società siglata davanti ad un notaio la notte
precedente da Hadj e la delusione di vedere invece come è finita
nonostante la piena disponibilità che i giocatori avevano dato, anche
rinunciando in parte a garanzie e pagamenti. Poi, il giorno dopo, i
mesi passati tra ricorsi, domande di iscrizione, diatribe tra Lucchese,
Comune e soggetti vari fino all’iscrizione in terza categoria a urne
chiuse. Insomma, un'estate incredibile e spero proprio irripetibile".
Perché ha deciso di tenere in vita, seppure in terza categoria, la squadra della Lucchese Libertas 1905?
"Come dissi all’inizio, secondo me non scendere in campo sarebbe stato
per la città un disonore sportivo e credevo che, in un modo o in un
altro, ci sarebbe stata la speranza di far tornare tutti i cocci al
loro posto una volta passato lo tsunami estivo. Credo che sarei
riuscito in questo – e la disponibilità totale del presidente Giuliani
ne è una prova - senza questo ultimo colpo di scena. La notizia di oggi
era quanto di più inatteso e inaspettato da parte di tutti".
E' vero che in tutti questi mesi lei è stato una sorta di persona di fiducia dal punto di vista tecnico, del presidente?
"No. E' vero che, comunque, nonostante tutto quello che è successo e
dei problemi anche economici che mi sono derivati dal mio rapporto
professionale con la Lucchese, sono rimasto amico - e maggiormente nel
momento della difficoltà - di Fouzi Hadj, di Massimo Kutufà e di altre
persone che ho conosciuto in questi anni. Di questo non mi pento anche
e soprattutto perché credo, comunque, che di errori ne siano stati
fatti a quintali da molti anni a questa parte, già prima dell’era Hadj.
I problemi economici di oggi hanno le loro radici nei bilanci degli
ultimi anni, questo almeno per quello che si è potuto vedere dalle
varie indagini svolte da Guardia di Finanza e magistratura competente".
C'è chi dice che si è dato tanto da fare perché doveva ancora avere dei soldi per dei lavori fatti e mai pagati. E' vero?
"Una parte è vera, l’altra no. E' vero che né io né i miei
collaboratori abbiamo riscosso un euro di tutte le competenze maturate.
So di essere, comunque, l’unico a non avere riscosso di quanti hanno
operato per l’Accademia, per il bar della tribuna d’onore e per altri
lavori eseguiti. E' anche vero che sono arrivato fino alle vie legali
col presidente, fermandomi solo quando era purtroppo chiaro che non era
questione di volontà di non pagare, quanto di mancanza di fondi e
questo nonostante il fatto che avessi accettato una decurtazione del 60
per cento di quanto dovuto. Non è, invece, vero che lo scendere in
campo dipendesse da questo, visto che non ho avuto niente e niente mi
aspettavo. Spero come tutti nei pagamenti che avverranno, ma come
sperare di vincere al superenalotto. L’unica differenza è che noi
abbiamo lavorato - e anche molto - mentre chi vince alla Lotteria
stacca solo il biglietto".
Può raccontare come si è sviluppata l'avventura in terza categoria?
"E' più semplice di quanto si creda. Le ragioni le ho già dette, il
resto è incoscienza pura. Credo di poter dire che se non ero il solo,
ero uno dei pochi che ci potevano provare. Ho preso il telefono, ho
chiamato il presidente, ho chiesto come fosse la situazione e lui molto
candidamente mi disse che non c’era nessuno a preparare la squadra. Gli
chiesi se potevo pensarci io, indipendentemente dalle questioni
societarie e così è stato. Il giovedì antecedente la prima di
campionato avevo tre tesserati alle 16, nove tesserati alle 21 e il
venerdì sera avevo raggiunto il numero di venti. I limiti si sono visti
subito, ma il fatto di essere scesi in campo era stata veramente una
vittoria. Ringrazio quei ragazzi che con un po’ di incoscienza e tanta
passione hanno fatto per primi quella scelta non facile. Lati negativi,
se così si può dire, sono unicamente la perdita di due-tre amicizie,
una delle quali con un politico di vaglia per la nostra città. A ben
vedere, forse, è stato meglio così".
Che cosa ha provato a vestire, a 42 anni, la maglia rossonera?
"La stessa emozione di 24 anni fa, quando giocavo nelle giovanili e mi
allenavo con gente come Ennio Pellegrini che avevo visto fino all’anno
prima nelle figurine della Fiorentina e con l’emozione di scendere in
campo con questi colori. In un certo senso sono stato ripagato più di
altri da queste vicende".
C'è, a suo avviso, un responsabile per tutto ciò che è accaduto?
"La risposta per me è no. L’errore vero e il più grave fatto da Hadj è
stato di sbagliare nella scelta degli uomini e questo è senza dubbio lo
sbaglio più grande che possa fare un uomo che detiene la responsabilità
di un gruppo, di un’azienda o di una squadra di calcio. Non sempre a
questo si può rimediare con i soldi, se questi poi finiscono allora
scatta la tragedia, come del resto è accaduto da noi. Poi, come ho
detto prima, le radici di quanto è successo affondano nei bilanci
vecchi e negli errori nuovi, nei comportamenti di quanti hanno lucrato
in molti modi con la Lucchese, per finire a chi ha sbagliato più per
incapacità che per altro. Segnalo come da sottoscrivere l’intervista
fatta a Gazzetta Lucchese da Deoma nei giorni passati".
Lei si è incontrato con il curatore fallimentare: che impressione ne ha ricavato?
"Credo che sia una persona competente e misurata, che fa del buon senso
il maggior strumento nel considerare situazioni e persone. Credo in
tutta coscienza che, se ha fatto o non fatto alcuni adempimenti, questo
sia da imputare a costrizioni derivanti dalle situazioni oggettive
piuttosto che da volontà propria".
Con il presidente Giuliani vi siete stretti la mano. Avevate in programma qualcosa?
"In programma c’era, a brevissimo, l’incontro con l’avvocato Grassani.
Questo per vedere di trovare un appiglio che consentisse, in caso di
acquisto, di ricompattare tutto sotto un’unica bandiera dando
continuità sportiva e storica alla Lucchese. Credo che tra le persone
che ho avvertito di quanto accaduto, lui sia stato forse quello che
più di altri si sia dimostrato realmente dispiaciuto. Penso che quando
vi ha detto che "Nessuno ha voluto bene alla Lucchese Libertas" abbia
veramente centrato il bersaglio. Troppi, in città come fuori, non hanno
capito l’importanza di riunire quanto diviso in estate. Certamente
Giuliani non è tra questi come non lo è lo stesso sindaco Favilla.
Entrambi, chi per un verso, chi per un altro, mi hanno spronato a
continuare fino a che non fosse stata possibile una fusione da più
parti auspicata, ferma restando la corretta esecuzione di una pubblica
asta di vendita fatta dal tribunale".
La notizia della morte ufficiale della Lucchese Libertas 1905 l'ha colta di sorpresa?
"Più che di sorpresa, mi ha lasciato sbalordito. Nessuno si aspettava
questa notizia e, soprattutto, il perché e come è avvenuta.
Probabilmente è stata la degna conclusione di questa annata. La
speranza è che il 2009 segni veramente la rinascita del calcio
rossonero a Lucca, tornando a giocare dove compete alla nostra città,
magari – e faccio gli scongiuri del caso - tornando a vincere un
camipionato, cosa che non accade dal 1986 visto che in B ci siamo
andati da secondi. Vedere quanto sono lontani questi anni, vuol dire
vedere come tutta la gioventù lucchese attuale, che svaria fino ai
25-26 anni, non abbia mai visto vincere niente ai rossoneri. Spero che
torni la voglia di andare allo stadio anche per partecipare di persona,
da tifosi attivi a questo campionato. Insomma, ora più che mai, FORZA
LUCCHESE!".