Esordienti:
Che senso ha? Frammenti di orgoglio lucchese

04/12/2007 17:17

Domenica scorsa, gli Esordienti Regionali della Lucchese, allenati da Nardi, hanno perso 5-0 contro l'Empoli. Quella azzurra è una formazione assolutamente di "altra categoria", come si suol dire. Imbattuta in campionato, anzi, per la precisione, a punteggio pieno dopo 10 giornate, ha sin qui realizzato 47 reti, di cui addirittura ben 29 nelle 5 partite fuori casa, con una media quindi di circa 6 reti a partita lontano da Empoli. E, il tutto, maturato subendo complessivamente solo 2 reti. Dei numeri da "grande", su questo non ci piove. Una piccola considerazione, però, sovviene in mente, non guardando il tabellino finale, ma le liste con le quali le due squadre si sono presentate all'arbitro. Sfilando un po' i luoghi di nascita si scoprono delle inconfutabili verità. Gli empolesi, e come loro tante altre società, infatti, hanno in squadra giocatori, o meglio, ragazzini, prvenienti da tutta Italia e anche dall'estero. Una piccola multinazionale del calcio a 13 anni, formata da giocatori di stazza fisica che, a questa età, basta ed avanza a sostituire la tecnica, per vincere qualsiasi capionato. Basterebbe portare ad esempio anche soltanto un giocatore, Bozzetti, il centravanti empolese che domenica ha realizzato ben 4 reti, arrivando a quasi 20 in campionato, giocando nemmeno 10 partite. Il ragazzone, però, è alto circa 20-30 centrimetri più di qualunque altro giocatore in campo. Una forza tale da permettere al giocatore in ogni contrasto, di portarsi via con sè pallone ed avversario. I rossoneri, invece, si presentavano con 18 giocatori, tutti e 18 nati e cresciuti nel Comune di Lucca. Chissà se secondo i lettori questo potrà essere solo un particolare, una mera statistica geografica o, forse, qualcosa su cui ragionare e, diciamola tutta, anche una ragione per uscire dal campo a testa alta, anche se con 5 gol sul groppone. Perchè vincere a 13 anni ha un valore molto, ma molto relativo. Ben più importante, invece, far crescere ragazzi per cui magari il calcio non sarà il pane della propria vita e che, vivendo a pochi passi dai campi in cui si allenano tutti i giorni, possono maturare quel sano attaccamento alla maglia, che certamente un giocatore di un altra regione e nazione non potrà dire di avere, tanto più se quella sarà solo una maglia di passaggio, per così dire. Un valore molto importante riveste questa statistica, a nostro modo di vedere, un valore quasi sociale. In questo modo, infatti, il calcio diventa un punto di riferimento per la collettività locale, una realtà in cui integrarsi e crescere, tutta dedicata ai giovani della propria città. Un ragazzo lucchese sa, chese vuol diventare un giocatore, potrà contare sulla società della sua città. Non avrà bisogno di fare il "mostro" già a 12-13 anni, ma avrà tutto il tempo che vuole per maturare, crescere e diventare, un giocatore o, più semplicemente, un uomo.

Andrea Amato

 

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