Che si bofonchia?
Lettere alla Gazzetta Lucchese
Ritrovata in archivio una lettera di un tifoso che non è mai stata pubblicata. Lo facciamo adesso. Essa risale al 4 maggio 2008
19/02/2009 18:03
Nell'archivio delle e-mail abbiamo ritrovato una lettera scritta
da un tifoso il 4 maggio 2008, uno dei momenti più tristi della storia
rossonera. Ebbene, questo tifoso sentì, quel giorno, di dover esprimere
la sua amarezza e la sua tristezza per il fallimento sportivo della
Lucchese, la sua squadra del cuore. E' un documento molto bello, vero,
che la dice lunga e la dice tutta su ciò che hanno provato i
sostenitori della Lucchese Libertas 1905 alla fine del campionato
scorso. Noi pubblichiamo solo adesso questa lettera scusandoci per non
averlo fatto prima. Una disattenzione per la quale, ci auguriamo,
l'autore vorrà perdonarci. Ecco il testo.
"Non è mai stato così difficile scrivere un post. E’ un giorno
triste e le parole non rivelano un decimo della delusione che uno si
porta dentro.
Premetto che non sto parlando di cose gravi, e che spero nessuno si
offenda se definirò quello che è successo un “problema”. So che i
problemi sono altri, ma quando qualcuno si sente ferito, come io mi
sono sentito oggi, stiamo parlando di calcio, ma la lacerazione è
grande comunque. Sì, perché oltre agli obiettivi, nella vita di un uomo
si evidenziano contorni fatti di fedi, convinzioni, ideologie.
E anche se per molte persone non è così, non ho problemi nel dire che
la mia fede è il calcio. Sono un tifoso con il cuore, sono un ragazzo
che gioca lui stesso a pallone, e che (come il papà gli ha insegnato)
vede il calcio come rappresentazione sportiva della vita. E purtroppo è
così. Dico purtroppo perché come la vita il calcio può essere fatto di
successi ma allo stesso tempo da sconfitte pesanti, che pesano più di
macigni. Questo perché per creare un sogno una squadra di calcio, e
allo stesso livello un uomo, possono metterci anche una stagione, ma
per far dissolvere il tutto nel nulla basta una sola partita, un solo
confronto. La mia fede, oltre che nelle mie partite, si evidenzia nel
tifo per la squadra della mia città, la Lucchese. Ma il mio, non è
tifo, è vero e proprio amore: non finirò mai di ringraziare persone
come mio padre, mio zio, mio nonno, Cesare, Elisa, Stefano, Eugenio per
avere fatto nascere in me questo amore. Amore che mi spinge a seguire
ovunque la mi a squadra, che mi fa sentire l’adrenalina in corpo, che
mi fa piangere, ma mi fa sentire parte integrante di un progetto cui è
coinvolto solo chi prova sentimenti forti per la squadra Rossonera.
Ecco perché alle 16.48 di oggi mi sono rabbuiato, e il mio cuore ha
smesso di palpitare come faceva fino a pochi minuti prima. Perché mi
sono sentito preso in giro da persone che continuano a giocare con i
sentimenti delle persone, i quali non capiscono che le emozioni (a
differenza dei giocatori) non si possono comprare. La Lucchese, con
molta probabilità, subirà un grave tracollo, almeno di miracoli fatti
di conti riaperti o fideiussioni varie, ma ho smesso di credere alle
fandonie di persone che non hanno un minimo di dignità, neanche col
presentarsi allo stadio nell’ultima partita decisiva di un cammino.
Forse perché sapevano già come sarebbe finita?! E qui la rabbia cresce
ancora di più. In questa serata di maggio, in cui sognare sembra
soltanto un lontano miraggio, non possiamo che ritornare agli antichi
fasti, oppure chiacchierare qui e la su quello che potrà essere a
breve.
Chiedo personalmente chiarezza che fino ad adesso non c’è stata, che ha
portato a dissolvere un tifo caloroso (seppur con tanti difetti) come
quello di Lucca. Ma il mio amore e quello di molte altre persone
nessuno lo intaccherà mai, perché quello va al di la del business e dei
soldi. Ovunque andremo, ovunque giocheremo, per sempre insieme a te".
Giorgio
Nella foto: l'ex portiere rossonera Gazzoli