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La domenica che non ti aspetti, con la Pantera che ruggisce attraverso i suoi tifosi. Che brividi, ragazzi! Ora tocca alla squadra rispondere

14/09/2009 16:08

La domenica che non ti aspetti. Quella in cui la Pantera torna davvero a ruggire. E non ci riferiamo ai calciatori in campo, che per una volta si sono dimenticati di giocare come sanno, quanto al pubblico lucchese. Poco, geneticamente disincantato, depresso cronico da anni e anni di bastonate in pieno volto, portato a storcere il naso molto facilmente. E diffidente. Come la città. Ma di una diffidenza che spesso è anche una maschera, una sorta di autodifesa contro le fregature, un tentativo insomma di assicurarsi contro le delusioni che tanto prima o poi, sembra per una specie di sortilegio, inevitabilmente arrivano. Sotto la cenere, però, cova la fiamma e non sempre si può controllare. A causa della freddezza esteriore, questa passione resta invisibile ai più, ma trova, a un certo punto, il modo comunque di uscire fuori.

Contro la Nocerina se ne è avuta una prova lampante, ma se si va indietro negli anni ne troviamo tante altre. Persino recenti. Basta pensare a quei cinquemila osannanti in piazza nell'estate dopo la Triestina dopo una batosta pazzesca o più semplicemente a quei duemila a San Giovanni, pochi anni fa, quando un pari ci lasciò fuori dai play off. A fine gara fu un tripudio semplicemente commovente, perché in quella squadra, a torto o a ragione, ormai la gente credeva. Forse un po' meno ci credeva l'allenatore Gigi Simoni che lasciò fuori Carruezzo e Oliveira per tre quarti della gara. Ma è un'altra storia...

Lucca, come ha mirabilmente detto Corrado Orrico, è diplomatica al limite dell'ipocrisia, educata, colta. Può sembrare, ed in parte è, fredda ma se ti accoglie è per sempre. Vale nella vita, vale nel calcio. Ed è un aspetto che chi capita da queste parti dovrebbe imparare a conoscere e a tenere di conto. Entusiasmo al primo spiffero non lo troverà mai, ma se entri nel cuore dei lucchesi allora la musica cambia. E in asso non ti ci pianteranno, perché fedeltà e senso della gratitudine sono parole che hanno corso legale da queste parti. Ieri ne abbiamo avuta l'ennesima dimostrazione captata persino dai giocatori campani, piacevolmente esterrefatti da una simile reazione.

I cori splendidi, commoventi, ininterrotti dei tifosi rossoneri - persino la fredda, polare tribuna a un certo punto è andata dietro a tutta la gradinata - possono avere tante spiegazioni. Tutte psicologiche, alcune le ha messe ben in evidenza Luca Borghetti nel pezzo che leggete nella sua rubrica settimanale, altre si possono azzardare. E fra di esse vogliamo metterci proprio quella che è una sfida per chi difende i colori rossoneri: questa squadra, questo gruppo di giocatori, questa società hanno avuto una cambiale di fiducia quasi in bianco da un popolo come quello lucchese che con molta parsimonia mette mano al portafoglio. Non si spiegano altrimenti quei cori da brividi, quegli applausi finali, quella voglia di far capire che Lucca non dimentica quanto fatto di buono. Ed è lì a dirti: pazienza, riprovateci che siamo con voi. Al vostro fianco. Sta ora a chi va in campo sapere che è in debito. E trovare il modo di ricambiare. Per forza.

Un'ultima notazione sui presenti: a nostro avviso, erano comunque abbastanza pochi vista la scia di risultati positivi inanellata. Lo dobbiamo dire in modo costruttivo e senza scatenare difese di ufficio che sanno molto di prese di posizione aprioristiche. Ha detto benissimo il patron Giuliani: se qualcuno ha torto è chi non viene, non chi c'è e si danna l'anima come ieri. E come ha fatto anche in trasferta. Quindi il problema si può imputare a tutti, meno a chi va già allo stadio. L'obiettivo è sempre il solito: portare un numero crescente dei tanti, almeno apparentemente, disillusi - chi di noi non ne conosce decine e decine? - di nuovo sui gradoni, unitamente ai molti giovani che la Lucchese ancora non la conoscono.

Certo quei dieci tifosi, legittimamente per carità, che al secondo gol hanno abbandonato le gradinate forse non erano ancora pronti per rientrare; forse avevano scambiato il Porta Elisa per un teatro dove se l'opera non ti piace ti alzi e te ne vai. O forse andavano alla caccia dei posti migliori per la Processione. Dove invece si sono dovuti accomodare tutti i lucchesi all'estero che volentieri avrebbero visto i rossoneri, ma che risiedono, e spesso non per scelta, fuori da Lucca. Per loro, grazie ad una decisione a dir poco cervellotica della Prefettura, niente biglietto per lo stadio. Visto com'è andata, qualcuno potrebbe ironizzare che dovrebbero pure ringraziare. E invece no, perché quei dieci minuti finali, quei brividi sono valsi più di cento vittorie rabberciate. Magìa del calcio.

Fabrizio Vincenti

 

 

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