Che si bofonchia?
Lettere alla Gazzetta Lucchese
Giacomo Paolini e la Lucchese di una volta: "Andavamo al Porta Elisa sulla canna della bicicletta dei nostri genitori: che entusiasmo c'era allo stadio!"
19/09/2009 11:41
Gentile Fabrizio Vincenti,
le scrivo per esprimerle la mia ammirazione per il suo articolo
di ieri La domenica che non ti aspetti, che definisco magistrale. Come
uno Stradivari ben accordato in mezzo a tromboni spesso stonati.
Meriterebbe maggiori palcoscenici. Complimenti sinceri.
Io
cominciai a seguire la Lucchese quando avevo sette anni, e cio nel
campionato 1936-1937, quando si trovava in serie A, dove era stata
appena promossa. Abitavo a Farneta, otto chilometri dallo stadio,
e mi ci portava il mio papà facendomi accomodare sulla canna della sua
Legnano. Ma era tuttaltro che comoda, e non vedevo lora di arrivare al
Porta Elisa, sia per l'impazienza di vedere la partita, sia perché il
culetto sulla canna mi faceva male. Ora al Porta Elisa ci vado
comodamente accomodato sulla poltrana della mia automobile, ma le dico
la verità, rimpiango la dura canna di allora.
Lo stadio era stato
appena inaugurato e c'era un entusiasmo indescrivibile. La folla era
strippata sulle gradinate, composta da lucchesi di Lucca drento e di
Lucca fora. Ma dominava di gran lunga il linguaggio molto colorito
della campagna, lo stesso di Geppe, che ancora oggi si può leggere nelle
Poesie di Lucca fora di Custer de Nobili.
Di quel primo
campionato mi sono rimaste ben impresse nella memoria le partite con i
biancorossi del Bari, i cui giocatori erano chiamati i galletti, e con
la Triestina, detti gli alabardati perché avevano disegnata una alabarda
sulla maglia rossa.
Noi avevamo una buona squadra con ottimi
giocatori, e alla fine arrivammo circa a metà classifica. Dei nostri mi
rimasto in mente Coppa, basso e tozzo, con le gambe storte, ma con una
velocità e un guizzo impressionati, che lasciava dietro di sé gli
avversari e filava via come un fulmine verso il gol. Ma anche
Michelini, Perduca e Olivieri, il quale l'anno seguente 1938 fu campione
del mondo a Parigi con la nazionale di Pozzo. E non ultimo l'allenatore
Erbestein, che a fine campionato venne ingaggiato dal grande Torino, e
morì con tutta la squadra nel disastro di Superga.
Vecchi tempi. Mi scusi se l'ho annoiata con i miei ricordi, ma è un vizio dei vecchi! Continuerò a seguirla.
Giacomo Paolini
Grazie
per le parole che ha usato verso di me. Il modo per essere riconoscente
a Lei e a tutti i lettori che hanno apprezzato, è provare a mettercela
sempre tutta, credendo sino in fondo in quello che si fa. E facendolo
con il cuore. Grazie anche per i suoi ricordi, bellissimi. A occhi
chiusi, aiutato dalle foto dell'epoca, provo a immaginare cosa fosse la
Lucchese e lo stadio a quei tempi. E faccio fatica a pensare che forse
non torneranno più.
Fabrizio Vincenti