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Corrado Pacini dalla cucina al campo di calcio senza nemmeno passare dal... via

20/11/2009 19:13

Si chiama Corrado Pacini, è nato nel 1981 ed è figlio d'arte, nel senso che il papà è quel Giuliano Pacini famoso per essere il titolare di uno dei locali più famosi e rappresentativi della cucina tradizionale lucchese: la Buca di Sant'Antonio. Il figlio, Corrado, appunto, dopo aver conseguito il diploma al liceo scientifico e la laurea in Lettere con indirizzo cinematografico, segue le orme paterne nel ristorante di via Cervia e, nel poco tempo libero, gioca a calcio in terza categoria nel Luccasette.

Di giorno e di sera cameriere alla Buca di Sant'Antonio, uno dei piu famosi ristoranti lucchesi. Poi, capita un sabato pomeriggio e la si scopre in campo con scarpette, maglia e pantaloncini a giocare con grinta in terza categoria. Come riesce a far coincidere le due realtà?

"La passione per il calcio non mi fa sentire la fatica di camminare tutto il giorno in mezzo ai tavoli con i piatti e alla sera correre fra i paletti in campo. Anche perché un allenamento viene svolto di lunedì, giorno di chiusura del ristorante. Il giorno più faticoso è, comunque, il sabato quando, dopo la partita, devo correre alla Buca per lavorare".

Quando ha cominciato a giocare e quando ha deciso che la ristorazione sarebbe stata il suo futuro?

"Ho iniziato a cinque anni nell'allora S.Concordio, poi diventato Luccasette dopo la fusione con Il Primavera, ruolo terzino destro, ero il più piccolo e giocavo con ragazzi di due o tre anni piu grandi. Verso i 16 anni anni sono andato a giocare per qualche stagione nel Sant'Alessio, poi Pontedelgiglio. Dai diciotto anni in poi ho alternato stagioni di seconda e terza categoria. Ho sempre giocato per divertimento essendo ben cosciente che il mio futuro sarebbe stato nella ristorazione anziché in serie A".

Suo padre è una persona molto in vista a Lucca e uno chef di fama nazionale: il suo esempio e la sua presenza sono piu un peso da sostenere o un sollievo con cui convivere?

"Per ora è un grande sollievo con cui convivere perché mi è di grande aiuto, forse diventerà un peso quando verrò paragonato a lui, ma sto lavorando perché questo divario diventi sempre più piccolo".

Più difficile fare il terzino di fascia o accogliere i clienti alla Buca?

"Senza dubbio accogliere i clienti: se ti scappa un attaccante puoi, alle brutte, fare un fallo, ma se si arrabbia un cliente…".

Ci sono delle affinità?

"Sì, molte, innanzitutto in entrambi i casi è importante capire chi hai di fronte per prevedere le mosse in campo o le richieste in sala. Poi, in tutti e due i settori la precisione e l’attenzione al particolare sono fondamentali".

Quanto serve giocare a calcio per essere un buon ristoratore e quanto, invece, essere un buon ristoratore per giocare a calcio?

"Secondo me giocare a calcio mi è utile per capire e far capire ai dipendenti del ristorante l’importanza del gioco di squadra. Si vince e si perde tutti insieme nel calcio così come nel ristorante".

Tifa per la Lucchese?

"Tantissimo fin da quando ero piccolo. Nel periodo della serie B facevo anche il "raccattapalle" al Porta Elisa".

E perché non va alla stadio visto che la terza categoria gioca il sabato?

"La domenica il ristorante è aperto per pranzo quindi devo lavorare, ma chiederò un permesso straordinario a mio padre in futuro!"

Cosa farà da grande?

"Spero di continuare la tradizione di famiglia nel migliore dei modi, questo lavoro al ristorante mi piace e mi gratifica moltissimo. Il calcio è e rimarrà, comunque, una mia grande passione".

Gazzetta Lucchese

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