Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Marco Napolioni e Lucca: "Appena arrivati, io e mia moglie capimmo che questa sarebbe stata la città in cui avremmo voluto vivere"
04/03/2010 09:07
Ve lo ricordate Marco Napolioni? Romano, piccolo di statura, ma tanta corsa e voglia di interdire in mezzo al campo, sbarcò a Lucca voluto da Valter Nicoletti in quella fausta o infausta che dir si voglia estate del 2005, quando Aldo Grassi cedette la società a Fouzi Hadi. Peccato che, proprio a seguito di questa vendita, Nicoletti non incontrò le simpatie della nuova dirigenza (fu il primo, grosso errore ndr) e, soprattutto, di Franco Scoglio cosicché, dopo un tumultuoso vis à vis a Pieve Ligure, se ne andò sbattendo la porta. Al suo posto arrivò mister Indiani che, un paio di mesi dopo e successivamente alla sconfitta nel derby con il Pisa al Porta Elisa, dovette fare le valige come il suo predecessore. Lui, però, intendiamo dire Napolioni Marco da Roma, sposato con Renata di Salerno e con un figlio, Riccardo di sei anni, restò due stagioni in rossonero prima di salutare tutti e approdare alla Nuorese. Lucca, tuttavia, gli restò nel sangue se, come accadde, non appena messo piede in città, decise, d'accordo con la moglie, che quella sarebbe stato il luogo ideale dove vivere e far crescere un bambino. E adesso, a distanza di sei anni e con ancora la voglia di giocare, Napolioni, che milita nel Latina in serie D, vive con la famiglia ancora a Lucca e non ha alcuna intenzione di lasciarla. "Non ci pensiamo nemmeno - spiega la signora Napolioni - Quando arrivammo qui ci rendemmo subito conto della bellezza della città e di quanto fosse adatta per farci crescere un figlio. Tranquilla, si poteva andare in giro in bicicletta, così lontana dal caos di Roma e di Salerno. Stiamo bene, mi piacciono i lucchesi proprio per la loro riservatezza e anche per la loro diffidenza, forse sarà perché io, venendo dal sud, sono tutto l'opposto, ma va bene così".
Marco Napolioni, pensavamo di trovarla con le scarpe appese al chiodo e, invece, veniamo a sapere che gioca ancora nel Latina.
"Già. Anche se vivo a Lucca, ogni lunedì mi sciroppo quattrocento chilometri in macchina e torno giù, in serie D. E' un po' faticoso, ma nemmeno più di tanto. Del resto mi piace giocare e, lo confesso, sentendomi ancora in grado di dare qualcosa alla mia squadra, penso di sfruttare fino in fondo questa opportunità".
In tutti questi anni di carriera lei è uno che ha girato parecchio.
"Abbastanza. Ho cominciato a Roma con la Lazio nella quale ho giocato fino alla Primavera. Poi è stata la volta della Lodigiani in C1, quindi la Pistoiese sempre in C1, poi la Salernitana in B, ancora il Foggia in C1, tre anni al Catania in C1, due anni alla Sambenedettese sempre in C1, un anno a Reggio Emilia in C1, due anni alla Lucchese ancora in C1, quindi un anno alla Nuorese in C2, poi alla Cuoiopelli in C2 e ora in serie D al Latina".
Un curriculum di tutto rispetto.
"Appena uscito dalla Primavera della Lazio feci due anni C1 molto buoni e approdai a Salerno con il ruolo di mediano, diciamo un mix di quantità e qualità. In tutti questi anni ho fatto cinque volte i play-off, centrato due promozioni, una dalla B alla A con la Salernitana e un'altra dalla C1 alla B con il Catania. C'era Gaucci all'epoca che gestiva anche la Sambenedettese e volle che lasciassi Catania e andassi alla Samb".
Ad un passo dall'esordio in serie A con la Salernitana quindi?
"Sì, ed è il rimpianto calcistico più grande. Avrei potuto restare a Salerno, invece, visto che avevo giocato solo parte del campionato, scelsi frettolosamente Foggia e tornai in C1. Mi sono pentito: avrei dovuto restare dov'ero o scegliere con più calma. Adesso sono a Latina, siamo seti a un passo dai play-off. Vedremo".
Cosa farà una volta finita la carriera di giocatore?
"Io ancora non ci penso, semmai penso a giocare e di smettere non se ne parla".
Che cosa le ha dato il calcio?
"E' stato ed è tutta la mia vita".
Cosa si perde facendo il calciatore?
"Gli amici con cui si è nati e cresciuti. Io me ne sono andato da casa a diciotto anni e ho dovuto lasciare tutto".
Cosa le ha insegnato questo sport?
"Solo chi ha giocato a calcio sa che ci sono delleregole precise. Chi sa star bene nello spogliatoio sa anche vivere bene e imparare il rispetto per tutti".
Quanto conta il denaro nella vita di un calciatore professionista?
"Conta molto perché la carriera dura così poco che devi riuscire a tirare fuori il massimo per poi vivere tranquillamente e, magari, aprire un'attività".
Quando arrivò alla Lucchese?
"Arrivai al momento del passaggio di consegne tra Grassi e Hadi. Mi aveva voluto Nicoletti che mi aveva visto giocare alla Reggiana l'anno prima. Firmai un biennale. Improvvisamente, a fine agosto, ci fu il cambio di gestione e io mi trovai alla prima gara di campionato non con Nicoletti, ma con Indiani. Nonostante questo giocai sempre acquistando, piano piano, la fiducia dei vari allenatori".
C'era anche lei in quello spareggio per accedere ai play-off contro la Sangiovannese?
"Sì e ricordo un seguito incredibile di gente. Così come rammento lo stadio pieno contro il Pisa".
Poi cosa accadde?
"Feci anche il secondo anno con Pea. Eravamo terzi in classifica quando fu cambiato ancora una volta l'allenatore e non riuscimmo a centrare i play-off".
Si parla, spesso, di giocatori che si sono dovuti sacrificare rinunciando a parte dei guadagni per aiutare la società e poter continuare a giocare da qualche altra parte. Se non sbaglio fu così anche per lei e per altri compagni in rossonero.
"Preferirei non parlarne".
Parliano noi allora. Lei ha ricevuto tutto quanto le spettava dalla Lucchese di Fouzi Hadi?
"Quasi tutto, ma non entro nei particolari".
Corrisponde al vero che lei, insieme ad altri giocatori, dovette firmare la dichiarazione da depositare in Lega con cui asseriva che aveva riscosso tutti i mesi di stipendio quando, invece, ne mancavano almeno un paio?
"Ho dovuto firmare, non avevo alternative se volevo continuare a giocare da qualche altra parte. E anche la Lucchese, altrimenti non avrebbe potuto iscriversi al campionato. Ma non voglio fare polemiche sterili".
Ha saputo, poi, del fallimento?
"Sì e ci sono rimasto male. Mi ha sorpreso. Fouzi Hadi mi aveva detto che mi avrebbe richiamato, ma ho atteso inutilmente e, alla fine, nessuno si è più fatto sentire. Sono dell'avviso che di soldi ne abbia spesi, ma non nella maniera giusta".
Lo ha mai più sentito?
"No, mi sento ancora, invece, con qualche ex compagno di squadra: Bonfanti, Brunner, Carruezzo, Deoma che vedo spesso in città".
Di quell'esperienza, comunque sia, le è rimasta questa città.
"Sì, sin dal primo anno alla Lucchese io e mia moglie ci siamo innamorati. Tra Roma e Salerno cercavamo una via di mezzo e qui abbiamo trovato un modo di vivere, una serenità che ci ha subito attirato e coinvolto. Si può andare in giro in bicicletta, cosa che non puoi fare da tutte le parti".
Aldo Grandi