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Oltre cento anni di ritratti e personaggi

Chadi e quella partenza a Porcari, due anni fa: "Mi chiamò Giovannini e mi disse: 'Andiamo a vincere a Lucca'. Il mio attaccamento alla Lucchese? Mattone su mattone abbiamo costruito qualcosa di grande che ora sento mio"

05/05/2010 09:15

Porcari. Non è solo il nome di un comune in provincia di Lucca. Per i tifosi della Lucchese ma prima ancora che per essi, per i giocatori e per i dirigenti rossoneri, è il luogo simbolico della rinascita, della partenza o ripartenza. Voltarsi indietro, per loro, vuol dire tornare a quel campo con una bella tribuna coperta immerso nella piana. Al richiamo di quel nome non scappa nemmeno Cheikh Merai Chadi, uno degli anziani del gruppo rossonero. Uno che in quell'agosto del 2008 era lì. A a cercare un accappatoio per la doccia che non si trovava, ma con la convinzione di partire per un'avventura. Un'avventura per vincere.

"Molti mi chiedono il perché di questo mio grande attaccamento alla Lucchese e alla città. La spiegazione inizia da Porcari, in quell'agosto di due anni fa. Partivamo da zero, mancava tutto. Mi aveva chiamato Giovannini qualche giorno prima dicendomi: "Andiamo a vincere a Lucca". Iniziavamo un'avventura in una città dove avrei voluto da sempre giocare, con gente che conoscevo e di cui mi fidavo ma partendo da zero. Mattone su mattone abbiamo, tutti insieme, costruito quello che oggi è sotto gli occhi di tutti. Ecco perché questa società, questa squadra e questa città le sento mie".

Di strada ne avete fatta: due campionati vinti su due.
"Il nostro è un campionato che dura da due anni ininterrottamente. Da allora siamo in testa e vinciamo. E' una cosa stupenda".

A Carrara e poi in piazza del Giglio era uno dei più commossi.
"Mi ha colpito una cosa della piazza: l'espressione della gente che ci abbracciava e ci veniva incontro. E' come se fossero...affamati di vittoria. E' un'immagine che mi è entrata dentro: nei loro occhi c'era fame di calcio, fame di calcio pulito e mi ha toccato profondamente. In certe situazioni i brividi e le lacrime vengono da soli, basta guardare quello che si ha intorno e pensare a quello che si è sofferto e lavorato per arrivarci".

Quando ha capito che ce l'avreste fatta?
"A dicembre, per la sosta natalizia. Avevamo giocato contro tutti e avevo capito che eravamo i più forti. Ora si può dire senza sembrare sbruffoni e credo che tutti abbiano riconosciuto la nostra superiorità".

Una gara che ricorda come particolarmente difficile di questo campionato.
"Premesso che abbiamo sofferto in varie gare che abbiamo vinto o pareggiato e che quando abbiamo perso è stato per colpa prima di tutto nostra, ne ricordo due: prima di tutto quella a Gubbio, contro una squadra ostica e dove vincemmo in fondo. E poi quella in casa con la Sangiovannese: eravamo rimasti in dieci contro una buona squadra. A fine gara dissi che quel pari valeva più di una vittoria".

La crisi di febbraio: che si può dire a questo punto?
"Che tutte le formazioni hanno un periodo negativo nell'arco di un campionato. Per noi il problema è stato che il momento no ha riguardato un po' tutti. Per uscirne ci voleva una vittoria, che è arrivata a Colle Val d'Elsa".

Di voi, dall'esterno, arriva l'immagine di un gruppo forte e unito. Probabilmente la vostra qualità più importante.
"Abbiamo provato, come gli attori di un film, a eseguire quello che ci veniva richiesto da chi sta più in alto di noi - penso al direttore, all'allenatore, al preparatore - e credo che ci siamo riusciti. Siamo stati bravi anche nelle difficoltà a restare uniti, a ritrovarsi nello spogliaitoio il martedì a testa bassa per ascoltare cosa non aveva funzionato. A voler ripartire e rimanere sempre legati nel bene e nel male. Se posso fare un ringraziamento, lo faccio a tutti coloro che ci hanno permesso di lavorare bene, dal presidente al magazziniere".

In molti si chiedono come fa un giocatore del suo genere a essere rimasto tanto in panchina a Ferrara.
"E' un argomento di cui ci sarebbe troppo da parlare. Diciamo, per farla in breve, che quando sono arrivato io in Emilia c'era un presidente particolare. Prima ero un intoccabile, poi la situazione è cambiata, ma i motivi non erano tecnici: diciamo che ero stato accantonato per alcuni dissidi. Quello di Ferrara è il più grande rimpianto della carriera, l'unico posto dove non sono riuscito a vincere".

Domenica ha visto la partita da fuori, in tribuna.
"Giusto così, giusto dare spazio a chi non ha giocato tanto. Ho fatto il tifo per i miei compagni e mi sono gustato una partita piacevole. Peccato per la pioggia, che un po' ha rovinato una festa comunque molto bella".

Un compagno che l'ha colpita di più in questa annata?
"Il gruppo, come dicevo prima, è stata la nostra vera arma. Mi attendevo forse qualcosa dai più giovani, ma dovevamo vincere il campionato e per loro c'è stato poco spazio".

Ora vi attende la Prima Divisione.
"Credo che la forza del gruppo sarà ancora una volta più importante dei singoli. Uniti si può far soffrire tutti, magari anche perdere, ma facendo sudare sette camicie a tutte le altre squadre".

Chi, secondo lei, vincerà i play off e farà compagnia alla Lucchese nella categoria superiore?
"A mio avviso il Bassano, per la qualità del suo organico. E' anche vero che a volte i nomi non bastano".

Chadi e il suo futuro.
"Intanto vorrei godermi questa vittoria, prima di tutto. Poi penseremo alla supercoppa che vorrei provare a vincere a differenza dello scorso anno con il torneo per lo scudetto dilettanti, poi ci riposeremo e poi saremo pronti per questa nuova avventura. Sono convinto che questa squadra e questa società possono regalare nuove soddisfazioni ai tifosi".

Fabrizio Vincenti

 

 

 

 

 

 

 

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