Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Michele Tambellini e quella nostalgia del pallone che non c'è più
25/02/2011 18:36
Ve lo ricordate? Sì, proprio lui, Micki Tambellini da Sant'Alessio, un altro portiere targato lucchese doc e cresciuto a poche decine di metri dalla casa di un altro estremo difensore di successo anche se un po' più... vecchio, Marco Landucci. Michele Tambellini è nato a Lucca il 26 maggio 1973 e nella sua carriera ha giocato con le maglie di Lucchese, Carrarese, Savoia, Foggia, Pro Sesto e Lodigiani, complessivamente circa 15 anni, dal 1991 al 2006, passando dalla C2 alla C1 alla serie B. Adesso, dopo aver lasciato malamente Fouzi Hadj, Gigi Simoni e Spartaco Landini, Tambellini si è gettato a capofitto nel commercio e gestisce, con amici, il ristorante da Gigi in piazza del Carmine, il locale mito Pult nella Loggia dei Mercanti e la pizzeria Pomodori sul Fillungo, e scusate se è poco.
La sua più grande soddisfazione calcistica?
L'esordio in serie B in un Lucchese-Foggia di tanti anni fa.
La più grossa delusione, invece?
Aver lasciato la Lucchese. Di chi la colpa? Mia no, diciamo che non mi trovavo bene con Fouzi Hadj e Gigi Simoni, ma mi garbava troppo giocare nella Lucchese.
Le manca il calcio giocato?
All'inizio sì, adesso non più.
Rimpianti?
No, rifarei le stesse cose, del resto sono stato fortunato, sin dall'inizio volevo giocare per la squadra della mia città. Forse, qualche infortunio di troppo, ma va bene anche così.
Rimorsi?
No, non credo di aver mai fatto del male a nessuno.
Che differenza c'è tra il mondo del pallone e il mondo quando sei fuori dal pallone?
Il mondo del calcio è un mondo incantato. Nel calcio sei gestito, quando dalla società, quando dal procuratore, alla fine ti trovi ad avere pochi pensieri perché devi allenarti e basta, ma quando finisci, devi crescere e diventare uomo e non è facile. Devi, in sostanza, imparare a gestirti da solo.
Lei ci è riuscito abbastanza bene sembra...
Io avevo iniziato anche prima di finire la carriera, nel dicembre 2002 avevo aperto la trattoria Gigi insieme ai miei amici Natale e Nino. Poi è stata la volta di Pult e, infine, di Pomodori.
Da calciatore a imprenditore: quale, tra le due, le ha dato più soddisfazione?
"Quando fai bene una cosa non fa differenza".
Le tre cose che contano di più nella sua vita?
"La mia bimba Camilla, il divertimento, il lavoro".
Tre consigli che darebbe a un ragazzo che vuole fare il calciatore di professione?
"Studiare, non crearsi illusioni e guardare sempre in faccia la realtà".
C'è qualcuno, nel mondo del calcio, che deve ringraziare?
"Sì, Corrado Orrico perché mi ha lanciato nella Carrarese".
Lo vede ogni tanto?
"No, è tanto che non lo sento".
Cosa le dava fastidio in campo?
"L'ignoranza di alcuni giocatori".
Lei che tipo era?
"Un po' rissoso direi, nel senso che mi scaldavo facilmente. Due volte, addirittura, a Foggia, presi dei pugni in faccia da dei tifosi. Ero il capitano, non stavamo andando bene, fui aggredito e finìì perfino in Tv".
Le manca il ritiro?
"Assolutamente no".
Quualcosa, almeno?
"L'adrenalina la domenica prima di scendere in campo per la gara".
Esiste l'amicizia nel calcio?
"No".
Il collega con cui ha giocato e che le è rimasto più impresso?
"Toni Carruezzo. Poi anche Simonetta".
Con cosa ha rimpiazzato la passione per il pallone?
"Con il lavoro. Nessun altro sport, sono ingrassato trenta chili. Dico la verità, mi piacerebbe tornare nel mondo del calcio, ma a livello dilettantistico e come allenatore, magari allenando una squadra di ragazzi volenterosi".
Cos'è? Una autocandidatura?
"Perché no? Ma solo come allenatore, punto e basta. Importante è il desiderio di vincere e sia in serie B sia tra i dilettanti l'obiettivo è il medesimo: battere l'avversario".
Aldo Grandi