Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Pino Vitale, storia di un uomo profondamente innamorato di Lucca e della Lucchese
28/02/2008 15:58
Chi scrive non lo aveva mai conosciuto né incontrato prima. Pur essendo, infatti, giornalista alla redazione lucchese del quotidiano La Nazione
dal 1989, mai si era occupato di calcio fino a quel tragico dicembre
2003, quando un Tir si portò via, sull'autostrada Firenze-Mare, cento
metri del casello autostradale di Pisa-Migliarino, la vita di
Alessandro Del Bianco, uno che con la Lucchese, invece, aveva imparato
a vivere e a lavorare seguendo le orme di Paolo Galli, vecchio
caposervizio e accanito redattore sportivo. Pino Vitale, invece, dalla
Lucchese era andato via nel 1999. L'occasione per un fugace incontro fu
la celebrazione del centenario della nascita del sodalizio rossonero e
a fare le presentazioni fu un comune amico, Enrico Castellacci, per
Vitale più che un amico, addirittura un fratello. Ricordavo benissimo
le critiche e i fischi che gli erano piovuti sulle spalle al momento
della retrocessione in serie C, anno finale dell'era Maestrelli. E io,
a essere onesti, pur non avendo mai manifestato giudizi di alcun
genere, avevo preso per buone le cattiverie che i tifosi dicevano sul
conto del diesse fiorentino, non ultima quella secondo cui acquistava i
giocatori dopo aver consultato l'almanacco della Panini. A distanza di
così tanto tempo e visto dove è arrivato, forse sarebbe da aggiungere
che quegli almanacchi doveva aver imparato a consultarli veramente bene
per poter mettere a segno gli affari di mercato forse più eclatanti
degli ultimi due lustri.
Così, quando il professor Castellacci mi introdusse, volli essere onesto e manifestai subito il mio mea culpa
per aver dato credito a voci inconsistenti. Meglio, infatti, ammettere
l'errore, soprattutto, se si vuole essere in pace con se stessi e
dimostrare di voler avere un rapporto di reciproca stima e fiducia.
Pino Vitale ha 61 anni e di acqua sotto i ponti ne deve aver vista
passare parecchia. Di recente è stato colpito da un lutto terribile che
gli ha portato via la moglie. Professionalmente è diventato uno dei
direttori sportivi più conosciuti e apprezzati sia in Italia sia
all'estero. Ora è ad Empoli, con il presidente Corsi che, come dice
lui, 'gli ha dato sin dall'inizio carta bianca'. A sentir parlare l'ex
diesse rossonero viene quasi il magone da un lato e la sorpresa di
trovare, nelle sue parole, un amore viscerale e mai sopito per Lucca e
la Lucchese. Si capisce, cioè, che quest'uomo, qui, ha lasciato
qualcosa di più di 14 anni di lavoro - e scusate se è poco - ha
lasciato, cioè, una parte, forse anche la più bella e importante, della
sua esistenza. I tifosi rossoneri farebbero bene, ogni tanto, a
ricordarselo. Questa lunga intervista, a nostro avviso, Pino Vitale se
la meritava davvero.
Quando Pino Vitale comincia a occuparsi di calcio?
"Da sempre. Da bimbo ho sognato di fare il calciatore e devo dire che
fino atrent'anni ho militato in serie D, la C di adesso, prima al
Quarrata, poi a Pistoia, quindi ancora a Quarrata, poi alla Rondinella,
al Camaiore e infine ancora alla Rondinella. Appese le scarpe al
chiodo, sono stato otto anni a fare il dirigente della società
fiorentina, sia come direttore sportivo sia come direttore generale.
Credo di essere stato, sin da allora, uno dei pochi che ha sempre
cercato di coniugare le due figure, quella del diesse e quella del dg, proprio perché credo che non si possa prescindere, nello sport e nel calcio in particolare, dalle ragioni di bilancio'.
Quando arrivi alla Lucchese?
"Arrivo a Lucca il 7 febbraio 1986, quando venni via dalla Rondinella.
Era il 1985, ebbi contatti con società più blasonate come Prato,
Carrarese e Siena, ma la Lucchese, che era in C2, era prima in
classifica e, se non sbaglio, se la giocava con lo Spezia e
Alessandria. L'allenatore era Renzo Melani, dirigenti Maestrelli e
Grassi, una società fortissima. Dopo le vacanze estive Maestrelli mi
chiamò, accettai e restai cinque mesi da esterno, perché c'erano già
Luciano Innocenti come direttore sportivo e il professor Gambetti come
direttore generale. La Lucchese vinse la C2 e andò in C1, ma non fu
certo merito mio, ma di Innocenti e Gambetti. Poi, quando entrai a
tutti gli effetti, sempre con Melani come tecnico, i primi due anni
facemmo due campionati piuttosto anonimi, meglio il secondo del primo.
Poi arrivò Corrado Orrico'.
Dici Orrico e rievochi tanti ricordi...
"Orrico l'ho voluto io, direi con grande forza. Ero stato un suo
giocatore quando lui allenava il Camaiore e per me era un grande
allenatore. Era anche una persona che mi piaceva. Parlo, però, del
primo Orrico, perché per me c'è stato un primo Orrico davvero
straordinario e un secondo Orrico. Il primo è stato un grande
allenatore, uno che aveva fatto la storia del calcio, uno che faceva
divertire la gente con il suo modo di giocare. Era come Zeman, come
Sacchi, aveva creato un diverso modo di concepire il gioco del calcio.
Alle spalle, inoltre, avevamo una società fortissima anche
economicamente, con Maestrelli e Grassi che possedevano la Supéral'.
Già, l'aspetto economico è sempre stato un suo pallino.
"Quando sono arrivato a Lucca ho fatto il possibile affinché non ci
fossero problemi di carattere economico, creando una squadra forte con
giocatori importanti, ma anche pensando ad avere bilanci in attivo.
Quando sono andato via dalla Lucchese, il 30 giugno 1999, la società
aveva 13 miliardi di lire di attivo in Lega.
Anni bellissimi...
"Quattordici anni bellissimi per la precisione. Anni belli perché io
venivo da un bar, la Rondinella, una società che era un po' come un
circolo sportivo dove si giocava a tombola, tutto molto alla buona e
alla mano, ma con grande passione e entusiasmo. A Lucca trovai
professionalità e un ambiente che mi ha insegnato molto, diciamo pure
nel quale sono diventato uomo rispetto al ragazzo che ero quando
arrivai. L'anno in cui sfiorammo la serie A non ho difficoltà a dire
che se Orrico non fosse stato distolto, negli ultimi tempi, dalle voci
di mercato che lo volevano all'Inter, avremmo potuto tranquillamente
centrare la promozione nella massima serie. Avevamo tutto per
riuscirci: la forza, la struttura societaria, un allenatore forte".
Che cosa le ha dato Lucca come città?
"Io amo questa città, le sono profondamente attaccato, mi emoziono
quando ci torno, anche se ho sempre scelto di vivere a Firenze e, la
sera, tornavo, puntualmente, a casa. A Lucca ho un amico che, per me, è
come un fratello, Enrico Castellacci, poi altri amici che vedo sempre
volentieri. Con Enrico c'è un legame forte, profondo, se non ci fosse
bisognerebbe inventarlo. Ma ricordo anche la gente della Gina e del
Guercio, gente con cui sembrava di essere a casa propria. A Lucca e
alla Lucchese mi sono trovato troppo bene, la città mi è rimasta nella
pelle".
Potrebbe tornare un giorno?
"No, assolutamente. Ormai ho 61 anni e credo che la vita sia composta
da cicli. Quando avrò finito la mia esperienza a Empoli, dove sto
benissimo, chiuderò con la mia attività di dirigente sportivo. Ho avuto
molto dalla vita, credo sia giusto smettere quando si capisce che è
arrivato il momento adatto per farlo. Comunque sia resterò sempre
innamorato dei colori rossoneri".
C'è chi dice che sia una città fredda.
"Noi avevamo diecimila persone allo stadio, ma all'epoca la Lucchese
era davvero una grande squadra e Orrico faceva divertire la gente".
La più grande emozione in rossonero?
"Certamente la promozione dalla serie C alla B. Io venivo dalla strada
e avevo sempre sognato di fare il calciatore. Non ero, però, riuscito a
andare più in là della serie D, mentre da dirigente ero riuscito a
qualificarmi. Quando venni via da Lucca mi cercarono molte squadre,
anche blasonate, mentre quando ero venuto via dalla Rondinella solo tre
o quattro e di categoria. Io, però, ho deciso di restare in zona e di
poter vivere con la mia famiglia a Firenze. E' stata una scelta di vita
di cui non mi sono mai pentito. La mia più grande soddisfazione, lo
confesso, è sempre stata quella di poter scegliere dove e quando
andare".
Non a caso lei ha sempre avuto con i suoi presidenti degli ottimi rapporti, anche dopo la fine del sodalizio.
"E' vero. Con Maestrelli, ma anche con Grassi, c'è sempre stato un buon
rapporto. Con Egiziano sono anche socio in diverse attività. Dico
sempre, scherzando, che ho fatto innamorare i presidenti con cui sono
stato. Anche Grassi, quando è rimasto solo alla guida della società
rossonera, mi ha cercato per avere dei consigli e io glieli ho sempre
dati con affetto e disinteresse. A Empoli sono arrivato il 16 ottobre
1999 e Fabrizio Corsi mi ha subito dato carta bianca".
Andasti via da Lucca tra le polemiche.
"Quell'anno non saremmo mai retrocessi, senonché Maestrelli e Grassi
dissero,a dicembre, che avrebbero smesso. A quel punto dissi che il
presidente, fino a giugno, lo avrei fatto io. Purtroppo era finito un
ciclo. Maestrelli era rimasto, ma solo di facciata, in realtà ero io
che gestivo la società. Arrivammo all'ultima giornata e pareggiammo
zero a zero così retrocedemmo. Se avessimo vinto, saremmo rimasti in
serie B".
Quanti fischi al Porta Elisa...
"La gente, in quegli ultimi tre, quattro mesi, identificò Maestrelli
con me e viceversa. Il pubblico fu un po' ingrato, ma è così da tutte
le parti se non vinci. Io non mollai né volli mollare, non potevo né
volevo abbandonare la barca anche perché io mi sono sempre sentito un
capo per i giocatori. Mi assunsi tutte le responsabilità della
retrocessione e sono orgoglioso di averlo fatto".
Eppure la Lucchese aveva resistito a lungo nella serie cadetta.
"Certo. Presidenti di altre società si domandavano come facevo a
vendere giocatori e ad avere i bilanci positivi. Io sbagliavo, ma me ne
sono reso conto solo più tardi. Vendetti 27 miliardi di lire di
giocatori: Vannucchi e Rossi alla Salernitana, Innocenti al Bari e Wome
al Vicenza. Fu un errore. Tra Vannucchi e Rossi avrei dovuto venderne
uno soltanto. Le squadre non si disfanno come, invece, feci io. Il
fatto è che sono sempre stato attento alla busta paga, ossia ai conti
della società".
Busta paga: sbaglio o lei è sempre stato sostenitore dello stipendio pagato puntualmente ai giocatori?
"Alla Lucchese lo stipendio, cascasse il mondo, si pagava il 15 di
ogni mese. Se capitava di sabato o di domenica, si anticipava il
pagamento al venerdì. Grassi e Maestrelli non volevano storie e i
giocatori venivano volentieri anche per questo".
Come vede la Lucchese adesso?
"La Lucchese ha un buon allenatore e un presidente che, credo, ha
qualche difficoltà, ma che ho conosciuto e che sembra una persona
gradevole. Mi piacerebbe che queste difficoltà venissero superate e che
la Lucchese, ripeto guidata da un bravo tecnico come è Piero Braglia,
riuscisse a salire in B".
Ma per quale squadra tifa Pino Vitale?
"Per l'Empoli, anche se guardo sempre cosa fa la Lucchese. Anni
addietro ero per la Fiorentina, ma, poi, la professione mi ha portato a
tifare per la società per cui lavoro".
Quali i miglior affari di mercato che ha concluso?
"Alla Lucchese ricordo Montanari all'Inter e Fiondella alla
Fiorentina. All'Empoli, poi, Marchionni, venduto per 30 miliardi di
lire, Maccarone per 27 miliardi e Bresciano per 23. E non sono gli
unici".
Aldo Grandi