Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Gabriele Baraldi, un socio del club dei 100: "Con la Lucchese oltre cento presenze e tanti ricordi belli. La gara con la Triestina? Cerco sempre di dimenticarla, ma non ci riesco"
31/10/2011 17:12
Gabriele Baraldi è un personaggio molto conosciuto a Lucca perchè ha legato la maggior parte della sua storia calcistica ai colori rossoneri, muovendo i primi passi anche come allenatore nelle giovanili della Lucchese. Non ama molto le interviste e mettersi in mostra perchè per Gabriele contano e hanno contato soltanto i fatti e non le parole di circostanza. Adesso si è allontanato dal calcio per motivi di lavoro, ma il suo intento potrebbe essere quello di allenare nuovamente una squadra di ragazzi. Quando lo intervistiamo è impegnato, considerando che gestisce tre negozi di scarpe con sua moglie. La sua vita è sempre frenetica, ma per parlare di calcio un momento lo trova sempre.
Che ricordi ha della Lucchese?
"Sicuramente molto belli. Ho esordito in Serie B con la maglia rossonera facendo cento presenze in cadetteria proprio con la Lucchese. Poi sono ritornato in C1 e abbiamo sfiorato la promozione in Serie B. Quando ho finito la carriera da calciatore mi è stato proposto di iniziare quella di allenatore degli Allievi Nazionali della Lucchese e per me è stato un anno bellissimo perchè siamo arrivati alle finali Nazionali, cosa che per Lucca sportiva non era mai successa. Incontrammo il Napoli e i nostri avversari erano più forti, ma nella prima sfida al Porta Elisa vincemmo per 1 - 0 con un gol di Davini. Andammo in Campania per il ritorno e perdemmo 3 - 0. I ragazzi di quell'annata furono splendidi comunque e la cosa più importante è che tre o quattro di loro sono arrivati a fare i professionisti. Non è una cosa che capita tutti i giorni. Chi sta giocando al Crotone, chi a Monza, chi a Renate, etc, etc".
Si ricorda la finale dei play off persa contro la Triestina?
"Tutti me la mettono in mente. Io vorrei dimenticarla ma non ci riesco".
E allora parliamone.
"Facciamolo pure. Quel campionato avremmo meritato di vincere noi, invece arrivò primo il Livorno di Jaconi e secondo lo Spezia. La Lucchese arrivò terza e ci scontrammo con il Treviso nella semifinale dei play off. Passammo il turno nell'arco delle due partite e ci toccò la Triestina: prima fuori dove perdemmo 2 - 0 e poi in casa in quella benedetta partita. Stavamo vincendo 3 - 1 e furono i tempi supplementari a rovinare tutto. Quei quindici minuti di follia ci compromisero una stagione".
Qual è stata la sua stagione più bella da calciatore?
"Credo sia stata la prima stagione al Como. Venivo da circa due anni di inattività e i lariani scommisero su di me. Feci la bellezza di sette gol ma a parte quelle reti, fu la stagione del mio rilancio a buoni livelli". Quale è stato il suo percorso da calciatore? "Ho iniziato a giocare nella Pro Patria, poi mi sono spostato nella squadra del mio paese. Da quella andai ad una squadra di Serie D e da lì mi prese l'Inter. Dopo due anni iniziai a girare per tutta l'Italia".
Perchè ha fatto proprio il difensore?
"Iniziai a giocare nel ruolo di attaccante e fu il mister della Castanese a spostarmi nel ruolo di difensore. Credo che alla fine fece piuttosto bene perchè le mie caratteristiche fisiche rispecchiavano quelle del tipico difensore centrale".
Ha qualche rammarico nella sua carriera?
"Forse quello di essermi dovuto fermare per un problema ad un ginocchio quando ero nel momento migliore della mia carriera. Ho rischiato anche di dover smettere di giocare". C
Che cosa pensa dell'FC Lucca, la nuova società che partecipa al campionato di Eccellenza?
"Intanto credo che se non fosse stato per Bruno Russo e gli altri imprenditori, il calcio a Lucca si sarebbe fermato per qualche tempo. Che la squadra partecipi a questo campionato è già una vittoria. Non immaginavo che già a questo punto del campionato potesse essere prima con vari punti di distacco dalla seconda. Vorrei dire ai tifosi che ci vuole pazienza per poter far si che la squadra ritorni ai livelli ai quali erano abituati".
Quanto le manca il calcio?
"Del calcio mi manca soprattutto lo spogliatoio poiché mi diverto ancora a giocare con gli amatori e a calcetto con gli amici". Pensa di rientrare in questo mondo? "Se ce ne sarà la possibilità e se mi libererò un po' di più con il lavoro".
Vorrebbe fare il dirigente o l'allenatore?
"Credo proprio l'allenatore, dato che mi piace stare sul campo".
Da quali allenatori ha imparato di più?
"Ho imparato qualcosa da tutti quelli che ho avuto e a volte capivo quali erano gli errori che commettevano. Ho sfruttato questi esempi affinché non si ripetessero nella mia carriera da allenatore".
Per quale motivo è stato diverso allenare i giovani e le prime squadre?
"Ho vissuto tutte e due le cose e porto come esempio un aspetto: i giovani ti ascoltano e vedi che fanno progressi importanti dall'inizio alla fine dell'anno, mentre quelli più grandi, che poi giocano a livello dilettantistico, non sanno che cosa voglia dire giocare a calcio a certi livelli e inevitabilmente arrivano delle difficoltà. Inoltre, nel mondo dilettantistico, ho trovato anche qualche persona non troppo competente".
Quanto e come è cambiato il calcio da quando giocava lei?
"Sono convinto che il livello sia peggiorato perchè c'è la regola dei giovani che penalizza il tutto. Sono dell'avviso che se un giovane è bravo, giochi lo stesso. Queste regole non servono a niente".
Come si fa a creare un gruppo?
"Bisogna cercare di entrare in sintonia con i giocatori che hanno, portar loro rispetto e pretenderlo allo stesso tempo. È ovvio che un allenatore deve fare delle scelte e tutti non possono essere contenti delle scelte del mister. L'importante è che vengano fatte alla luce del sole e che un allenatore porti rispetto a chiunque. Vedrete che poi, anche chi non è contento all'inizio, lo sarà alla fine".
Che cosa fa nel tempo libero?
"Sto con la mia famiglia, vado in palestra, guardo le partite di calcio e vado a sciare".
Quale consiglio si sente di dare ad un bambino che vuole iniziare a giocare a calcio?
"Io ho un bambino che ha iniziato da poco e ogni volta che ritorna da una partita non gli chiedo il risultato, ma se si è divertito o meno. Penso sia la filosofia che dovrebbero adottare tutti".
Diego Checchi