Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Mimmo De Simone e un'annata in rossonero da dimenticare: "Eravamo fortissimi, ma, per come sono andate le cose, non dovevo venire. Braglia? Ci sono tante persone finte in giro"
05/01/2012 11:26
Nell'ultima stagione dell'era Fouzi Hadj, prima del fallimento, nella rosa della Lucchese c'era un giocatore fortemente voluto dal tecnico Braglia perchè con lui, l'anno precedente, aveva vinto il campionato con il Pisa ed era stato un punto di forza del Catanzaro che andò in Serie B (sempre con Braglia sulla tolda di comando). Ci riferiamo a Domenico "Mimmo" De Simone che faceva "l'allenatore in campo" della squadra rossonera. Con lui abbiamo fatto una chiacchierata per capire soprattutto quali ricordi ha di quella stagione, ma soprattutto per farci un'idea su come sia proseguita la sua avventura calcistica.
"Ho smesso di giocare lo scorso anno a Giulianova in Seconda Divisione e l'ultima stagione da calciatore è stata terribile, visto che il ginocchio non mi ha lasciato un attimo di respiro e sono dovuto stare fermo per cinque mesi. Quando ho ripreso il ginocchio continuava a gonfiare, quindi ho capito che era giunta l'ora di appendere le scarpette al chiodo per dedicarmi a fare altro".
Ma stiamo parlando dello stesso ginocchio che già a Lucca la fece tribolare come un matto?
"Esattamente. Ho avuto tre operazioni e ormai il menisco si era completamente sfatto. Non potevo più andare avanti facendomi infiltrazioni o punture per scendere in campo. Ricordo che a Lucca saltai tutta la preparazione precampionato, e quell'infortunio mi condizionò l'intera stagione successiva, anche se penso che in certi frangenti i tifosi abbiano comunque visto quale era il vero De Simone. Quando sono sceso in campo al Porta Elisa non mi sono mai risparmiato e ho cercato di dare sempre il massimo".
Che cosa ricorda di quella stagione di Lucca?
"Vorrei fare una premessa: accettai di venire a Lucca perchè avevo delle garanzie sia tecniche che economiche che, poi, non si sono rivelate tali. Se avessi saputo come sarebbe andata a finire, non sarei mai venuto perchè dopo la stagione trionfale con il Pisa avevo diverse proposte. All'inizio della stagione, mi sembrò più convincente quella della Lucchese. Comunque avevamo una squadra fortissima che era tranquillamente in grado di vincere il campionato anche attraverso i play off. Dal mese di novembre fino a febbraio inoltrato andavamo come delle scoppiettate e ricordo che andammo a Salerno con la possibilità di annullare il gap dai campani. Venne fuori un pareggio ma avremmo potuto recuperare, se non fosse stato per i problemi societari che uscirono fuori. Non voglio rientrare in diverse situazioni specifiche, dato che mi fanno ancora male".
Il suo rapporto con Piero Braglia è continuato?
"No, non sento il mister dalla stagione in cui militavo nella Lucchese. Nel calcio ci sono tante persone finte che ti fanno credere chissà cosa e poi, quando non ne hanno più bisogno, smettono di cercarti. Tutto ciò fa parte di questo mondo dove ci sono esempi positivi e negativi".
Che cosa ci può dire del suo rapporto con Pino Di Meo, attuale allenatore dell'Andria?
"Mi allenava a Giulianova lo scorso anno, anche se in cinque mesi con lui non ho mai giocato. Comunque sia ho avuto modo di conoscerlo e a fine anno mi ha detto che mi avrebbe portato con lui. All'inizio pensavo fossero le solite frasi di cortesia e nient'altro. Invece, quando mi ha chiamato, sono rimasto soddisfatto perchè ha apprezzato le mie conoscenze calcistiche e mi ha voluto come osservatore".
Che tipo di lavoro svolge per la squadra pugliese?
"Vado a vedere le partite la domenica, principalmente le squadre avversarie che devono giocare contro l'Andria. La società mi ha mandato a visionare alcuni giocatori in Seconda Divisione e devo ammettere che ci sono alcuni giocatori bravi dei quali non posso fare i nomi per rispetto della società per cui lavoro".
Ha altre attività oltre a questa?
"Faccio anche l'istruttore con i bambini dell'anno 2000 al San Faustino Rosselli, un scuola calcio di Modena dove ci sono 180 bambini iscritti. Per me è un piacere insegnare loro il gesto tecnico, come si calcia, oppure come si colpisce una palla. Certo è che a quell'età bisogna giocare a calcio soltanto per divertimento, perchè si intravedono già delle buone qualità in alcuni, ma c'è anche un ampio margine di sbaglio".
Qual è il suo rapporto con i genitori?
"È un argomento delicato perchè tutti i genitori vedono i propri figli come dei fenomeni e invece non è assolutamente così. Sono abituato a parlare chiaro con loro e a spiegargli qual è la situazione".
Come cambia il calcio dei grandi rispetto a quello dei piccoli?
"Credo che alla base di tutto ci sia sempre la voglia di arrivare più in alto possibile sia per quanto riguarda i grandi e i piccoli. È ovvio che i piccoli hanno esigenze che i grandi non hanno, ma anche i giocatori più importanti hanno bisogno di essere considerati al meglio per poter rendere nella giusta maniera perchè molte volte i bambini sono gli adulti".
Che cosa pensa della situazione che c'è adesso a Lucca e del fatto che la squadra sia dovuta ripartire dall'Eccellenza?
"Credevo che, dopo il nostro fallimento, la Lucchese avesse trovato stabilità con Giuliani, Valentini e Giovannini, invece non è stato così. A vederla in Eccellenza mi piange il cuore, il pubblico merita sicuramente di più anche se è un po' particolare, ma fantastico".
Come vanno le cose in famiglia?
"Molto bene, sono diventato papà da tre anni di una bimba di nome Dalila e sono molto soddisfatto perchè posso stare sempre vicino alla mia compagna".
Diego Checchi