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Fulvio Pea lancia la corsa alla serie A: "Non mi pongo obiettivi con il mio Sassuolo. Mourinho? Indescrivibile, superiore a tutti. La Lucchese? Informato su tutto, a Lucca ho ancora casa"

05/02/2012 19:41

Il calcio è fatto anche di belle favole come quella di Fulvio Pea, che adesso sta portando alla ribalta delle cronache il suo Sassuolo per il bel gioco e per i grandi risultati che ottiene. Sta lottando con le grandi della Serie B per ottenere la promozione e fino all'ultimo tenterà di raggiungere questo traguarda che, all'inizio, era sicuramente insperato perché i programmi erano quelli di valorizzare i giovani e di togliersi qualche soddisfazione dopo aver raggiunto una salvezza tranquilla. Fulvio Pea, da Casalpusterlengo, è stato il grande fautore di questo miracolo e allora ci è sembrato giusto intervistarlo, perché la sua avventura da allenatore è partita proprio dalla nostra città, da una Lucchese che aveva grandi traguardi e che avrebbe dovuto vincere il campionato di C1. Pea arrivò come vice di Simoni e dopo metà stagione da collaboratore tecnico fu promosso ad allenatore ma l'onta dell'esonero, dopo qualche mese, lo colpì e lui non ha ancora digerito questo allontanamento dalla panchina.

"Sono stato esonerato per colpe che non erano mie. A Lucca, in quella stagione, scattarono dei meccanismi che vanno al di fuori del calcio e mi è stata tolta la possibilità di fare l'allenatore. Non credo che Lucca, sotto l'aspetto lavorativo, mi sia stata d'aiuto. Arrivai in una società dove c'erano poche persone e secondo me, dove si poteva fare calcio in una certa maniera ma invece non è stato assolutamente così perché, invece di condividere il progetto con il sottoscritto, mi hanno messo da parte ed hanno preso altre strade. A quell'epoca sono stato veramente ingenuo perché non ho guardato a quello che poteva succedere nel futuro e infatti, l'anno dopo, la Lucchese è andata in fallimento".

Come ha vissuto nella nostra città?
"In modo splendido, tant'è vero che ho ancora una casa a Lucca e molti amici. In un anno e mezzo sono rimasto legato a molte persone che mi hanno voluo bene".

Conosce le vicissitudini del calcio rossonero?
"Sono informato su tutto e spero che, in questo frangente, sia stata trovata una società in grado di dare stabilità ai colori rossoneri dopo i tanti problemi".

Come si trova a Sassuolo?
"È una società ideale per fare l'allenatore, costituita da poche persone che hanno una gran voglia di fare bene. Ho un gruppo di ragazzi volenterosi e sono riuscito a inserirmi bene con loro, grazie anche agli elementi più esperti della squadra e ovviamente, alla società, che ha facilitato il mio ambientamento".

Come cambia il suo metodo di lavoro in Serie B?
"È sempre lo stesso degli anni passati, io credo molto nei particolari e cerco di inculcarli nella mia squadra. Non sono un allenatore integralista ma adatto il modulo a seconda delle caratteristiche dei miei giocatori. Il lavoro sul campo, penso che sia il metodo giusto per fare le scelte e cerco di coinvolgere tutto il gruppo, è per questo che non faccio sempre la stessa formazione".

Che tipo di rapporto ha con il suo staff?
"Di piena sintonia, ho uno staff che è spettacolare. Andrea Tarozzi è, secondo me, uno dei migliori vice che ci siano in Italia ma anche con i due preparatori atletici e con il preparatore dei portieri, il rapporto è ottimo e mi aiutano a svolgere il lavoro nel migliore dei modi".

Qual è stata la sua partita più bella con il Sassuolo?
"Ce ne sono state tante, ma se devo sceglierne una, direi quella con il Verona: la squadra non ha sbagliato praticamente niente".

I suoi obiettivi per il futuro?
"Io non mi pongo limiti, a me piace allenare. Intanto voglio fare bene con il Sassuolo, poi si vedrà".

Cosa le hanno lasciato le esperienze con le primavere di Sampdoria e Inter?
"Mi hanno ridato l'entusiasmo di fare l'allenatore e sono stato ripagato di quello che mi era stato tolto a Lucca".

Il suo rapporto con Josè Mourinho?
"Molto buono, io ero l'allenatore della primavera dell'Inter e lui voleva che stessi a contatto con la prima squadra. Da quella esperienza ho imparato molto e non la dimenticherò mai. Io uso solo un aggettivo per farvi capire di cosa stiamo parlando e dico indescrivibile. È superiore a tutti gli altri e ha un carisma veramente fuori dal comune".

Parliamo del suo maestro: Gigi Simoni.
"Lo sento sempre ed è stato lui a farmi diventare allenatore. Gli chiedo sempre consigli e mi confronto con lui". Quanto è difficile affrontare la squadra di Zeman? "Devo dire che è difficile affrontare il Pescara e prepararsi ad una partita contro di lui. È un vero e proprio maestro e fa il calcio più spettacolare della categoria, inoltre, da grande entusiasmo ai suoi giocatori".

Cosa pensa della vicenda calcio-scommesse?
"Spero che la giustizia faccia il suo corso e che riesca a risolvere questo problema. Vedere il calcio condizionato da giochi sporchi fa male".

Che tipo di qualità servono per poter diventare allenatori?

"Non è detto che per forza bisogna avere giocato a calcio, come nell'esempio del sottoscritto. Ci vuole grande passione per quello che si fa e soprattutto bisogna ragionare con la propria testa. È importante dare l'entusiasmo giusto al gruppo e aver una buona dose di affetto per i giocatori, visto che la maggior parte di loro ha avuto un passato difficile, inoltre vanno trattati come persone e non come numeri".

Diego Checchi

Fanini Group

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