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Oltre cento anni di ritratti e personaggi

Mauro Briano, ovvero quando l'età non conta: "Continuo a divertirmi, dunque gioco. La Lucchese? Mi prende il magone a sapere da dov'è dovuta ripartire"

07/03/2012 11:38

Una grande persona prima che un ottimo calciatore: è questa la descrizione più giusta di Mauro Briano, centrocampista che è stato una stagione a Lucca, quella con Piero Braglia in panchina e del fallimento targato Fouzi. Chi lo conosce ne apprezza la schiettezza e la disponibilità verso gli altri. Un calciatore modello, uno di quelli che non ha la puzza sotto il naso ed un ragazzo che quando va in campo dà sempre il massimo. Di lui in quella stagione possiamo ricordare un aneddoto relativo a un fatto accaduto prima della partita interna con il Gallipoli: il giovedì scomparve suo padre e la domenica andò in campo comunque, facendo capire a tutti che teneva alla maglia e soprattutto a giocare quella partita. Ora è al Bra, in Eccellenza, ma facciamoci raccontare che cosa sta facendo e quello che ha in mente per il suo futuro.

"Ho finito la casa da pochi mesi - spiega Briano- abito in provincia di Cuneo in un paese nei dintorni di Bra e gioco in Eccellenza proprio con il Bra, una società organizzata. Siamo secondi ad un punto dalla prima, vogliamo vincere il campionato a tutti i costi e mi auguro che tutto vada per il meglio. Questa è una società all'avanguardia e la cosa migliore è che ci alleniamo nel pomeriggio per quattro volte alla settimana e non ci fanno mancare veramente niente. Il Presidente è una persona del posto con un'attività molto importante".

Si sta ancora divertendo?
"Si, anche se tra qualche giorno compirò trentasette anni e quindi è chiaro che dovrò valutare anno per anno il da farsi e soprattutto capire se continuare a giocare o meno, dipende dalle opportunità che si creeranno. Quando smetterò di giocare mi piacerebbe iniziare ad allenare, ma con un progetto abbastanza importante e non in una situazione dove dopo tre mesi salta tutto e non puoi neppure finire il tuo lavoro. Ci sono società come Alessandria e Cuneo che stanno facendo bene a livello giovanile e chissà che non possa partire da una di queste entità la mia carriera di allenatore. E' chiaro che se anche il Bra andrà in serie D, potrei iniziare anche a fare un lavoro con loro, vedremo, per adesso mi concentro solo sul calcio giocato".

Lei ci ha spiegato che da pochi mesi si è stabilito a Bra, quindi ha intenzione di continuare a viverci per lungo tempo?
"Qui a Bra cerco un po' di stabilità ed ho una base importante, ma la mia intenzione è quella di continuare a lavorare nel calcio e quindi se stai in questo ambiente non sai mai dove le situazioni lavorative di potranno portare. Ho fatto diciotto anni da Professionista e devo dire che mi sono levato veramente delle soddisfazioni importanti. Voglio citarne alcune, dall'esordio in serie A con il Torino alla promozione dalla serie B alla serie A con la Reggina, ad un'altra promozione dalla C1 alla B con il Catanzaro, ma anche per certi versi alla stagione di Lucca che ricordo con grande piacere".

Ecco, parliamo proprio di quella stagione a Lucca, che cosa ricorda?
"Quando arrivai nella vostra città, il presidente Fouzi aveva fatto una squadra competitiva e c'erano tutte le credenziali per far bene, ma da gennaio in poi la situazione diventò piuttosto critica. Fino all'ultimo giorno si diceva che sarebbero arrivati i soldi e poi non è stato assolutamente così. Ormai sono passati tanti anni, ma il rammarico è ancora tanto, perché vorrei ricordarvi che senza i punti di penalizzazione saremmo arrivati ai play off e avremmo potuto puntare ad un traguardo importante come quello della serie B ed invece...".

Come prese la mancata iscrizione della Lucchese?
"All'inizio male, per me e mia moglie fu una mazzata, perché Lucca è una delle città più belle dove ho vissuto, tanto è vero che ad aprile prossimo ritornerò a fare un giro. Ormai, nel calcio, ai fallimenti bisogna farci un po' l'abitudine, dopo tutto quello che sta succedendo in questo mondo".

Ci può raccontare il suo rapporto con Piero Braglia?
"E' stato sempre ottimo e sul campo usa metodi formidabili per far vincere le sue squadre. I risultati parlano da soli e non sono stupito di quello che sta facendo alla Juve Stabia, perché il suo valore di allenatore è indiscutibile, poi è ovvio che può risultare simpatico o antipatico a seconda dei modi di pensare delle altre persone. In quella stagione a Lucca, a mio avviso, agì in una maniera che non ci aspettavamo. C'erano due strade da percorrere, quella che portò avanti lui dando fiducia al presidente o quella di coalizzarsi con noi giocatori e andare avanti, ma allo stesso tempo di andare allo scontro con il Presidente. A quel punto il proprietario della Lucchese era a un bivio, o risanava l'intera situazione oppure la società sarebbe andata in amministrazione controllata e forse si sarebbe potuta anche salvare non ripartendo dalla serie D, come hanno fatto lo scorso anno la Pro Patria e di questi tempi il Savona".

Ha ancora contatti con alcuni ex compagni di squadra? "Assolutamente sì, è ovvio che mi sento con Mimmo De Simone, Francesco Renzetti, Beppe Giglio, Massimo Gazzoli, Stefano Bono e seguo con ammirazione quello che stanno facendo due ragazzi importanti come Giulio Donati, che adesso è al Padova e nell'Under 21 e Maikol Benassi, che sta giocando con grande profitto nella Carrarese".

Che cosa sa della squadra rossonera di adesso?
"Poco o niente, so solo che è ripartita dall'Eccellenza e che ha vinto il campionato. Vi rendete conto che tristezza, spero che questa squadra torni al più presto nella categoria che gli compete, se pensiamo che pochi anni fa lottavamo per andare in serie B, mi viene il magone".

Da attento osservatore di calcio, che cosa c'è che non va in questo mondo?
"Il calcio è più o meno quello di prima, dipende poi tutto dalle persone che lo gestiscono. E' chiaro che andrebbero cambiate un po' di cose. Ci dovrebbe essere un authority come negli esercizi commerciali e prima di passare una società da un proprietario ad un altro, bisognerebbe valutare tutte le credenziali del compratore e poi magari non farne di niente, se questo soggetto non ne ha le possibilità. La seconda cosa che è urgente da mettere nel mondo del calcio, è la tecnologia, l'episodio che è successo in Milan-Juventus del gol non gol, non deve assolutamente accadere più e la terza cosa è quella sulla regola dei giovani che esiste in Lega Pro, andrebbe tolta subito, perché così facendo c'è un'inflazione dei giovani a discapito della qualità. Sono dell'avviso che i giovani bravi giocherebbero lo stesso, sopratutto in un momento di crisi come questo, dove c'è la necessità di far cassa e di conseguenza i migliori talenti verrebbero venduti al migliore offerente. Ci sono elementi in squadre di Lega Pro che non vengono nemmeno considerati da parte dei Club di un certo livello, perché non hanno le giuste potenzialità".

Per quale motivo in Italia nelle grandi squadre non si dà spazio ai giovani, cosa che invece succede negli altri paesi?
"In Italia c'è uno stress da risultato e tutte le squadre hanno l'obbligo di vincere altrimenti si assiste sempre a dei ribaltoni inauditi. La Roma a mio avviso, ha iniziato un percorso giusto e fra due o tre anni, questa diventerà una squadra molto forte e i vari Borini, Pianic diventeranno dei campioni di alto livello. La Roma di adesso, se facciamo un paragone, è come il Barcellona di otto anni fa".

Diego Checchi

 

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