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Oltre cento anni di ritratti e personaggi

Renato Roffi, un lucchese diviso a metà tra l'amore per il rossonero e quello per il Cagliari dell'indimenticabile Gigi Riva

01/06/2012 19:13

A colloquio con Renato Roffi, un personaggio che nel mondo del calcio lucchese è conosciuto da tutti, visto che ha giocato in Serie A nel Cagliari ed è stato tecnico delle giovanili rossonere. Lo incontriamo in un bar della città e ci racconta la sua storia, una storia fatta di aneddoti molto interessanti e di tempi che furono che lasciano un po' di amaro in bocca considerando tutto ciò che sta accadendo nel mondo del calcio. La sua passione per i giovani è molto profonda, tanto è vero che ha intrapreso la carriera di allenatore del settore giovanile agli inizi del 2000 e non l'ha più lasciata a discapito invece del calcio dei grandi. La storia di Renato deve far riflettere anche perchè, quando era nel fior fiore della sua carriera di calciatore, capitano del Cagliari, una malattia lo costrinse a mollare per un anno e poi, quando tornò a giocare nella Pistoiese in Serie D, un grosso infortunio gli stroncò una carriera che poteva essere piena di soddisfazioni.

Roffi, per quale motivo ha iniziato a giocare a calcio?
"Perchè sin da bambino ero sempre con un pallone in mano ed è stata la conseguenza naturale. Ho iniziato nella Vigor Lucca, dove c'erano ragazzi come Lippi, Talini e Simonetti che negli anni successivi hanno poi giocato nella Lucchese. In seguito sono passato all'Astor Lucca, una società capeggiata da Don Sirio ed ere una delle più forti nel panorama calcistico nella nostra città".

Per quale motivo spiccò il volo verso Cagliari?
"Prima di andare a Cagliari feci diversi provini con squadre di Serie A e B e poi per caso, in un torneo estivo, fui notato da un osservatore dei rossoblu che chiese a mio padre se volevo andare in Sardegna. All'inizio rifiutai perchè andare a Cagliari a quell'epoca "era come andare in America" dato che il volo durava tre ore. I dirigenti sardi insistettero e dopo vari pianti di mia madre, contraria al mio trasferimento, decisi di tentare questa avventura e lo comunicai a mio padre Emo, considerando anche che nello studio non ero certamente una cima. A Cagliari ci sono stato dal 1968 al 1981 e ho collezionato più di 170 presenza tra Serie A e Serie B. Dovete considerare che sono state molte perchè ho smesso di giocare quando avevo 28 anni".

Che ricordi ha di quella città?
"Molto belli, a Cagliari mi sono trovato molto bene, mi sono trovato bene e mi pesò tanto dover venire via. Fui costretto a curarmi a Firenze. Ormai sono 15 anni che non torno più in quella città e mi piacerebbe tornarci, ma allo stesso tempo mi darebbe un po' di tristezza perchè non so quello che troverei. Sono passati tanti anni e preferisco mantenere il ricordo che avevo da giovane".

Che tipo di giocatore era?
"Diciamo che ero prima mediano e poi sono diventato libero. Fu Chiappella a inventarmi in quel ruolo, perchè diceva che ero troppo lento per giocare a centrocampo. Quindi, anche negli anni successivi, anche gli altri allenatori mi mettevano in quella posizione e soltanto qualche volta da mediano".

Se avesse dovuto definirsi come giocatore, come lo avrebbe fatto?
"Diciamo che ero un incontrista dai piedi buoni".

Com'è cambiato il calcio rispetto agli anni '70/'80?
"Era un calcio più tecnico e meno veloce. Non c'erano tutti questi tatticismi che ci sono adesso. Vorrei vedere nel calcio di adesso un calciatore di allora e capire quello che riuscirebbe a fare. Nel mio calcio c'era sicuramente un po' più di spettacolarità".

Lei ha giocato ai tempi di Gigi Riva.
"È vero, e sono convinto che un giocatore più forte di lui non sia ancora nato. Abbinava potenza e velocità e aveva un sinistro magico".

Che tipo di ragazzo era Riva?
"Un ragazzo cordiale ma introverso. Veniva all'allenamento e iniziava a tirare in porta. Quello era il suo divertimento".

Che partite ricorda con il Cagliari?
"Sicuramente quella del mio esordio a San Siro contro il Milan nel 1968. Era uno stadio e ricordo che si fece male Domenghini e il mister mi mise dentro dicendomi di marcare Romeo Benetti. Ricordo anche che in Cagliari - Palermo ebbi il compito di marcare Eddi Reja e risucii a essere pulito negli interventi durante tutta la gara".

Per quale motivo la chiamavano "pedana"?
"Non lo so, mi mise questo soprannome Chiappella e poi, tutti gli altri allenatori, mi continuarono a chiamare così".

Per quale motivo fu costretto a lasciare Cagliari?
"Mi venne una brutta malattia ad un rene e dovetti abbandonare la Sardegna".

E come si è chiusa la sua carriera da calciatore?
"Si è chiusa nella Pistoiese quando mi sono rotto tibia e perone".

Che cosa ha fatto in seguito?
"Per un certo periodo il calcio mi faceva schifo, visto tutto quello che mi era successo e quindi cominciai a giocare a tennis per divertimento: ero un tennista provetto. Poi allenai per vari anni in Terza Categoria, dove ricordo con grande piacere gli anni al Valfreddana e al Guamo, e in seguito andai ad allenare i giovani, grazie a Roberto Gennazzani che mi portò a Ponte del Giglio. In quella società ho allenato 5 anni. Successivamente mi contattò Ragghianti della Lucchese e andai ad allenare i ragazzi del 1988 con i quali vincemmo un campionato regionale. L'anno successivo andai al San Filippo quando a Lucca arrivò Luporini e poi fui richiamato nella nuova gestione Tommasi. Con i colori rossoneri mi sono tolto tante soddisfazioni perchè ho avuto squadre importanti come il 1994 dove c'erano Petroni, Gatto e Lunardi. Il 1995 e anche il 1996".

Anche suo padre è stato legato ai rossoneri?
"Sì, ha fatto l'allenatore per un anno in Serie C1 mentre io facevo il raccattapalle".

Ha avuto dei rimpianti nella sua carriera da calciatore?
"Di aver smesso presto e di non essere potuto andare al Torino nel 1978 quando Radice voleva portarmi in granata insieme a Butti, ma il Presidente del Cagliari cedette soltanto uno dei due, quindi al Cagliari andò Butti".

Ritornerebbe volentieri all'Fc Lucca?
"Certamente, ma intanto faccio gli auguri a Bruno Russo e penso che quest'anno abbia fatto un ottimo lavoro. Mi auguro che anche il prossimo anno vada tutto bene e che la nostra squadra possa tornare nei professionisti".

Diego Checchi

Fanini Group

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