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Oltre cento anni di ritratti e personaggi

Tacconi e Lucca, un amore a prima vista

25/05/2008 10:30

Lo vedi a passeggio per le strade di Lucca insieme alla moglie, Renza Rugani, da sempre cortese e professionale impiegata dell'agenzia di viaggio Tam Tour, e ti accorgi che, in qualche modo, non solo gli è rimasto il fisico asciutto del calciatore, ma anche che la somiglianza con il fratello ex portiere plurivittorioso della Juventus è sbalorditiva. Stiamo parlando di Giuseppe Tacconi, classe 1949, nato a Perugia e sbarcato in Lucchesia tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta.

"Per la precisione arrivai a Lucca nel 1969 - racconta - Ero in serie B alla Reggina, ma provenivo dal Città di Castello. Tornai alla squadra di origine che mi girò alla Lucchese insieme al portiere Franco Mancini. Il presidente del sodalizio rossonero era, all'epoca, Vasco Vannucchi e allenatore Marino Bergamasco".

In quale ruolo giocava?

"Inizialmente giocavo come mediano, poi diventai sempre più centrocampista, una mezz'ala vera e propria. Eravamo in C1. Giocai titolare in quella stagione quasi trenta partite e segnai anche alcuni gol. Fu una bella annata".

Restò anche dopo?


"No, nel 1971 andai via anche perché arrivò un nuovo allenatore, Sergio Castelletti, e rivoluzionò la formazione. Mi accasai al Sansepolcro prima, poi alla Pistoiese e, infine, alla Aglianese".

Però restò a vivere a Lucca?

"A Lucca conobbia quella che, poi, divenne mia moglie per cui volli rimanere in zona. Non volevo andare troppo lontano dalla famiglia"

Come ricorda quella stagione?

"Fu un anno in cui si partì da zero. Vannucchi prese la società senza, praticamente, giocatori e gli stessi furono acquistati a mano a mano che procedeva la preparazione estiva. Io, per esempio, arrivai a metà agosto. La preparazione l'avevo già fatta per conto mio. Diciamo che fu una bella squadra di giovani (nella foto la Lucchese sul campo della Fiorentina in occasione di un'amichevole giocata contro la Nazionale). Con me c'erano Franco mancini, Spadaro e altri che ancora sento ogni tanto".

Perché rimase a Lucca dopo appena un anno?

"Perché la città è bellissima e mi piace da morire. Fu un amore a prima vista".

Cosa pensa dell'attuale momento della sua ex squadra?

"L'ho vista giocare e devo dire che, a mio avviso, la squadra manca di qualcosa. Quanto alla protesta di fine stagione per gli stipendi, forse è stata fatta in un momento poco opportuno, ma non sta a me giudicare. Visto, però, che andava avanti da tempo questa storia, forse la protesta poteva essere fatta prima".

Diverso il calcio odierno dal vostro?

"Una volta c'erano più giocatori tecnici, c'era l'amore per il bel calcio, oggi è tutto basato sulla forza fisica e sulla corsa quindi di calcio se ne vede poco".

Quindi se la sua Lucchese di una volta giocasse con quella di oggi, perderebbe di sicuro?

"Più che altro loro sono preparati atleticamente molto meglio di noi, anche perché noi facevamo sì la preparazione, ma non esageravamo".

Economicamente era così diverso?

"Noi si prendeva lo stipendietto che ti permetteva di andare avanti, ma, ad esempio, poiché non sussisteva l'obbligo di versare i contributi, ecco che io, per pochi mesi, mi sono trovato a non avere il minimo per la pensione. Vivevamo con gli stipendi e i premi partita, niente di più. In serie C, poi, non percepivamo somme tali da poterci campare tutta la vita".

Perché, secondo lei, non c'è un lucchese disposto a fare il presidente?

"Me lo sono chiesto anch'io parecchie volte senza sapermi dare una risposta".

Se avesse a disposizione cinque milioni di euro, comprerebbe la Lucchese?

"No, dico la verità. Quanto al denaro, una volta facevamo i giocatori per passione e i soldi, seppure importanti, non erano tutto. Ora, al contrario, rappresentano la componente essenziale. Noi ci sentivamo privilegiati e contenti al solo giocare al calcio. Certo, anche noi dovevamo vivere, ma questo non voleva dire che non avessimo, sopra tutto, una passione infinita per il pallone".

A. G.

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