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Fouzi privato: un ritratto del presidente rossonero quando è lontano dal mondo del pallone

25/08/2007 19:18

GENOVA - Da quando Fouzi Hadj è diventato presidente della Lucchese Calcio poche sono le informazioni sulla sua vita pubblica e, ancor di più su quella privata. Al punto che, mancando le voci ufficiali e ufficiose, se ne sono diffuse altre, alcune delle quali totalmente inventate, che non hanno certo contribuito a far conoscere il personaggio e, tantomeno, la persona. A casa sua, a Pieve Ligure, nella sua villa sul mare, il numero uno rossonero riesce a trovare quella serenità e quelle gioie che troppo spesso lavoro e stress finiscono se non per negargli, certamente per sottrargliene un po'. Gazzetta Lucchese lo ha rintracciato al telefono dopo il suo rientro da una breve vacanza in Grecia.

Una volta tanto evitiamo di parlare di calcio. Se si dovesse descrivere da sé, magari per far sì che la gente la conosca più a fondo di quel che è riuscita a fare fino ad oggi, come lo farebbe?

Io sono un tipo tranquillo, che prende la vita in modo positivo anche quando ci sono delle difficoltà, perché sono molto fiducioso e anche molto credente. Credo in Gesù Cristo. Sono sempre stato così, forse perché sono cresciuto in una famiglia che mi ha insegnato sin da piccolo certi principi. Anche quando le persone mi fanno del male, dopo un po' dimentico tutto. Non sono capace di portare rancore. Io non amo parlare delle mie cose intime, perché penso che, per ciascuno di noi, debbano restare dentro di sé. E' vero, io sono molto riservato, ma anche degli altri non pretendo di conoscere gli aspetti più privati e questo perché ho un grande rispetto per la vita di ognuno.

Lei è un uomo ricco che dalla vita ha avuto molto. Quali sono stati i suoi momenti più felici?

I momenti più felici della mia vita, a parte quelli in cui ho conosciuto la persona con cui vivo, sono quelli che passo con i figli. Certamente la nascita dei miei figli. La famiglia, per me, è importantissima. Al di fuori di essa, una grande gioia è il sorriso dei bambini africani quando faccio qualcosa con loro. Anche quando le cose allo stadio vanno bene e la gente è contenta, anche questi sono momenti di felicità. Mi intristisco, invece, quando le cose non vanno bene, indipendentemente da chi è la colpa.

Dopo tre anni dal suo ingresso, possiamo dire che lei sente la Lucchese come una sua azienda?

Sì, adesso sì. Ora che l'ho presa in mano e posso gestirla come ho fatto da un po' di mesi a questa parte, voglio renderla un'azienda vera e propria. Certo, se le cose dovessero ripetersi allo stesso modo in cui sono avvenute negli ultimi due anni, non sarei disposto a continuare a lungo. Voglio arrivare all'obiettivo. Se non ci siamo riusciti nei primi due anni ci proveremo il terzo.

Che cos'è, per lei, il calcio?

E' un divertimento e non deve essere né diventare un incubo.

Tutti gli uomini, o almeno i più fortunati, hanno e vivono delle passioni. Lei non dovrebbe essere da meno?

E' vero. Nella mia vita ho avuto e ho delle grandi passioni. Per le auto, ad esempio. O per i vini anche se bevo solo durante i pasti. E per la montagna. La mia prima macchina è stata una Opel Rekord verde chiaro, che era di mio opadre. Eravamo negli anni Sessanta. La conservo ancora gelosamente. Ho avuto la Balilla di Totò, la Dino Ferrari, tante Mercedes, parecchie Alfa Romeo, qualche Audi, la Porsche e, ultima, la Bentley. Cos'è per me un'auto? Un mezzo di lavoro comodo. Cerco la comodità lavorando. Quando ero giovane cercavo, invece, sempre la macchina sportiva. Amo guardare la Formula 1. I vini li amo da quando sono nato. A parte gli scherzi, dalle mie parti il vino è come l'acqua messa sul tavolo durante i pasti: non manca mai. Tra i vini italiani scelgo il Sassicaia che mi piace molto. Invece, tra i vini francesi prediligo lo Chateau Margaux.

Ha fatto mai delle pazzie per dei vini?

Ricordo una bottiglia di annata per la mia collezione: era un Margaux del 1987, davvero un'ottima annata. Nella mia cantina ci sono bottiglie di Margaux del 1906, poi, ad esempio, possiedo tutte le annate del cognac Armagnac dal 1904 fino ad oggi, anno per anno.

E la montagna?

In montagna trovo la tranquillità, la solitudine e con questa trovo la pace. Così come amo molto andare in chiesa durante la settimana quando non c'è nessuno perché voglio stare da solo e meditare. Vado in montagna per sciare, ma anche durante l'estate. Preferisco, in genere, il Trentino Alto Adige, a Vigo di Fassa o a Passo Rolle. Cambio spesso, ma sempre in quella zona.

Si dice che sia anche un grande collezionista di opere d'arte.

E' vero anche questo. Soprattutto i pittori fiamminghi. All'inizio del 1996, il museo di Kiev in Ucraina volle procedere al restauro di alcuni dipinti. Noi, come azienda, partecipammo finanziando l'operazione e in cambio ricevemmo dei quadri, appunto di artisti fiamminghi, che tengo ben custoditi nel caveau di una banca. Ho anche un grande amore per i mobili genovesi.

Dimentica gli orologi.

Ha ragione. Questa è una vera e propria passione. Che coltivo da quando avevo sette anni. Fu allora che mio padre mi regalò un Rolex, era un Day Date. Poi ho iniziato ad acquistarli e ad ogni risparmio comprevao un orologio: dal Rolex al Cartier al Patek Philippe al Vacheron Constantin, tutti orologi d'epoca.

Se dovesse ritirarsi su un'isola deserta, quale orologio, quale vino e quale auto si porterebbe dietro?

Sull'orologio non ho dubbi: il Tortoue Tourbillon di Cartier. Quanto al vino, anche qui nessu problema: il Sassicaia. La macchina? Se è una jeep la Porsche, se è un'auto classica, la Bentley. A tutto aggiungerei una Bibbia: ad ogni giorno che la leggi, anche lo stesso versetto ti appare diverso e più ricco del giorno prima.


Le interviste di Gazzettalucchese.it

 

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