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Marcello Lippi tra Viareggio e Lucca: storia di un uomo fortunato

22/10/2007 11:50

Chi non conosce Marcello Lippi, il pluridecorato allenatore della Juventus, il campione del mondo che, dopo ventiquattro anni, ha regalato nuovamente il titolo mondiale all'Italia. In un mondo, e in un Paese che tutto dimenticano e tutto divorano, riconoscenza compresa, qualcuno, prima o poi, dovrà ricordarsi quale spinta emotiva, quale carica psicologica, quale senso, pulito e non esaltato, di appartenenza ha suscitato l'uomo Lippi al timone della navicella azzurra. Chi scrive ricorda ancora, come se fosse oggi, la sera della sfida con la Germania a Dortmund, il 4 luglio 2006. In uno stadio che era una bolgia, con sessantamila tedeschi che cantavano a squarciagola il Deutschland, Deutschland Uber Alles, l'inno di Mameli sembrava una musica dolcissima proveniente da un luogo infinito. L'urlo liberatorio ai gol di Grosso e Del Piero fu un'emozione indescrivibile, forse la più forte, paradossalmente, mai provata. Ecco perché, credo sia giusto riconoscerlo, prima di ogni domanda e prima ancora di chiedergli l'intervista, l'omaggio all'allenatore non solo è d'obbligo, ma è il minimo. Cosa si può chiedere, del resto, a un uomo cui avranno rivolto, negli anni, centinaia, migliaia di volte le stesse domande? Forse nulla o forse tutto, ma il tempo è tiranno e quello che viene fuori è il risultato di un colloquio a quattrocchi nello studio di un amico comune, il professor Enrico Castellacci, altro personaggio che di quei giorni mondiali è stato protagonista e testimone.

Se Marcello Lippi non avesse giocato al calcio, cosa avrebbe fatto?

‘Probabilmente il pasticcere. I miei genitori, infatti, avevano una pasticceria a Viareggio. Io, però, di studiare non avevo voglia e a quindici anni me ne andai via di casa per giocare a pallone. Anche mio fratello non seguì le orme di papà e mamma, per cui, alla fine, quando raggiunsero l'età giusta, decisero di cedere l'attività'.

Lei è nato a Viareggio. E Viareggio ricorre sempre nei suoi pensieri e nelle sue parole.

‘Viareggio è, per me, il mare. Ognuno, del resto, è legato al proprio paese e alla propria città. Per ciascuno sembra il posto più bello ed è giusto che sia così. Io sono legato al mare e al tipo di vita che faccio a Viareggio'.

Che differenza c'è tra il calcio dei suoi tempi e quello di oggi?

‘Il calcio è cambiato, ma è normale, perché tutto lo è: la moda, il cinema, la musica. E' la vita che cambia e il calcio ne fa parte. Sono cambiati anche il modo di allenare, l'approccio alla professione: tutto varia a seconda del periodo in cui si vive e si opera. Adesso, ad esempio, c'è molta più programmazione di una volta'.

Quali sono i valori in cui crede l'allenatore Marcello Lippi?

‘Indipendentemente da quello che uno fa, ci sono dei valori, nella vita, che contano più di ogni altra cosa. Per me i rapporti umani vengono prima di tutto, l'amicizia, la sincerità, la lealtà'.


Che cosa non sopporta Marcello Lippi?

‘Le persone bugiarde. Io, in genere, sopporto tutto, anche che uno non la pensi come me, però me lo deve dire in faccia. Non mi piacciono le persone non limpide, non trasparenti'.

Ha mai accettato compromessi?

‘Ho fatto tante litigate, ma compromessi, ossia venire a patti con la mia coscienza e rinunciare alle cose in cui credo, questo no'.

Lei è stato un buon giocatore e uno straordinario tecnico. Come se lo spiega?

‘Diciamo che sono stato un calciatore mediocre, che ha avuto una carriera tra serie A e serie B senza infamia e senza lode, vicino ad approdare a grandi squadre, ma senza mai arrivarci. Evidentemente avrò avuto dei limiti. Da allenatore ho avuto la fortuna di partire dalla gavetta, di farmi tutte le categorie e, poi, ho avuto anche la fortuna di ottenere grandi risultati'.

Lei è stato allenatore della Lucchese.

‘Io ho iniziato ad allenare al settore giovanile della Sampdoria. A Lucca sono giunto nella stagione 1991-92, in serie B. I ricordi sono tutti positivi, come del resto lo sono per tutte le mie esperienze. Facemmo un buon campionato, arrivammo settimi (ottavi ndr),fu un buon torneo e per me una buona ripartenza poiché venivo da un esonero a Cesena e un trampolino di lancio per il futuro. Facemmo bene, anche se con qualche problema per via di quella rivalità tra Lucca e Viareggio che è sempre esistita. A fine stagione la Lucchese mi propose di restare, ma io avevo già deciso di andare all'Atalanta'.

Come mai tra Viareggio e Lucca non c'è grande simpatia?

‘Io mi trovo benissimo a Lucca. Anzi, le dirò di più. Quando ci vengo, arrivo un'ora prima e parcheggio la macchina. Dopodiché mi faccio una camminata di un'ora per le vie del centro. Ci tengo a dire che sto bene a Lucca così come i lucchesi che vengono a Viareggio si trovano benissimo. C'è una rivalità a livello di sfottò, ma tutto finisce lì'.

Non esiste, forse, una diversa concezione dell'esistenza?

‘Direi di no. Certo, a Viareggio c'è il porto, qualcosa di diverso c'è. Diciamo che noi viareggini siamo i bagnini dei lucchesi e loro sono i nostri mezzadri'.

Non si può parlare di Marcello Lippi senza parlare del mare.

‘Per me il mare è la vita. Sono innamorato del mare. Mi basta stare una mezz'oretta al mare per fare la giornata. Sia quando è calmo, sia quando è agitato, quando è azzurro o grigio, d'estate o d'inverno, è sufficiente una passeggiata per farmi stare meglio, una battuta di pesca. Per me il mare è un contatto quotidiano'.

E quando era a Torino come faceva?

‘A Torino c'era la Juventus, la soddisfazione professionale a un livello mondiale'.

Nel corso della sua vita nel calcio lei avrà conosciuto molte persone. C'è qualcuno che, in particolare, l'ha colpita sotto il profilo umano e le ha lasciato qualcosa?

‘Ho vissuto momenti fantastici nel corso della mia lunga carriera, e come punto di riferimento ho sempre avuto Fulvio Bernardini, un uomo di una cultura e di una intelligenza straordinarie, e con una qualità che difficilmente si trova: imponeva la propria personalità senza annullare quella degli altri. Lui è stata la persona di maggiore qualità che io abbia incontrato nel mondo del calcio'.

Che cosa non le piace di questo calcio?

‘Non mi piace la maleducazione che vedo in tanti calciatori e in altrettanti tecnici, e mi ci metto anch'io. Non mi piace un certo modo di comportarsi verso gli arbitri e i guardalinee'.

Cos'è per lei la famiglia?

‘E' una cosa molto importante. Io sono sempre stato molto concentrato sul lavoro, sono stato spesso fuori e non ho potuto vivere intensamente la famiglia come avrei voluto. I bimbi, diciamo la verità, li ha cresciuti mia moglie, ma per me la famiglia è sempre stata un punto di riferimento'.

Dicono che accanto a un uomo vincente c'è sempre una donna straordinaria.

‘E' vero. Mia moglie è stata davvero molto brava'.

C'è qualcosa che Marcello Lippi non rifarebbe di quello che ha fatto?

‘Rifarei tutto quello che ho fatto, ma non perché credo di non aver sbagliato nulla, bensì perché sono convinto che la vita di una persona non è al cento per cento perfetta, ma è un misto di cose positive e negative'.

C'è qualcuno che, nell'ambiente in cui ha lavorato per tanti anni, ha deluso le sue aspettative?

‘Sono tante le persone che hanno deluso le mie aspettative. Non si può, però, pensare che tutto sia perfetto. Non sarebbe nemmeno bello. Io ho conosciuto persone di grande levatura, così come persone di buona, media e scarsa qualità e questo lo ritengo un evento normalissimo della vita, e riallacciandomi alla precedente domanda credo che tutto faccia parte di quell'insieme di esperienze positive e negative con le quali uno deve saper convivere. Per quanto mi riguarda le cose positive sono sufficienti a rendermi soddisfatto'.

L'amicizia.

‘Grandi amici, fratelli, però sono pochissimi, perché le persone con queste caratteristiche sono davvero rare'.

La gioia calcistica più grande?

‘La vittoria nel mondiale di Germania'.

Quanti sassolini si è tolto dalle scarpe con quella vittoria?

‘Nessuno. Non ce n'è bisogno, non li senti più'.

Dicono che lei ce l'abbia con i giornalisti.

‘E' la verità. Il mio è un rapporto conflittuale, ma meglio averlo conflittuale che non averlo affatto'.

Cos'è che non le piace in un giornalista?

‘Quello che non mi piace in un uomo: la mancanza di sincerità'.

Le manca il calcio?

‘Un po' sì. Se dovesse venire una squadra seria con certe caratteristiche, potrei anche rientrare'.

Ha lasciato la guida della Nazionale perché voleva lasciare da vincente o per altri motivi?

‘Ho lasciato per motivi miei personali. Comunque fosse andata a finire avevo già deciso che avrei smesso di allenarla'.

Al. Gra.

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