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Vittorio Tosto, uno zingaro del pallone che ha scelto di fermarsi a Lucca

26/01/2009 18:35

Vittorio Tosto è, nel vero senso della parola, uno zingaro del pallone. Nella sua lunga carriera, che lo ha portato a disputare, fino ad oggi, quasi cinquecento partite tra serie A e serie B, il coriaceo difensore calabrese ha indossato le maglie di Torino, Salernitana, Piacenza, Ascoli, Empoli, Fiorentina, Lucchese, Avellino, Sampdoria, Napoli e Genoa. Ha ottenuto fino ad oggi ben quattro promozioni. Due con la Salernitana (una dalla C1 alla B nel 1994, ed un'altra dalla B alla A nel 1998), una con il Piacenza (dalla B alla A nel 2001 e una con il Genoa (dalla B alla A nel 2005, ma subito revocata dopo il caso Genoa-Venezia). E' arrivato a Lucca nel 1995 e ha disputato 25 partite alla corte di Fascetti e, poi, di Piaceri, segnando cinque gol. A Lucca ha preso moglie, Franca Corradi, e qui vivono anche i suoi due figli, Lorenzo e Stefano di tre e sette anni. Tosto è un giocatore che fa fede al proprio cognome. Per carattere è uno che non molla, che dà sempre il massimo e che, soprattutto, non ci sta a restare indietro. Ha avuto una carriera fortunata, che gli ha consentito di girare l'Italia e guadagnare da vivere facendo quello che gli è sempre piaciuto. E' un ragazzo che ama la semplicità e le cose concrete, che ha fatto del calcio la sua vita e che nel calcio investe, spesso, i suoi ricavi, come ad esempio la gestione del centro sportivo Sandro Vignini (ex Accademia del Calcio) accanto allo stadio Porta Elisa.

Dove nasce Vittorio Tosto?
"A Cariati, in provincia di Cosenza, il 14 giugno 1974. Noi siamo sei fratelli, la mamma l'ho persa quando avevo 17 anni, mentre mio padre sta bene e mi ha seguito seppure a distanza. Ovviamente, essendo tanti in famiglia e avendo da guardare anche il supermercato, non aveva molto tempo per venirmi a vedere".

Quando ha iniziato a giocare al calcio?
"Ho cominciato a 13 anni nella squadra del paese, la Cariatese, poi, a 17 anni, sono andato a Firenze nella Fiorentina dove sono rimasto tre anni, due nella formazione Primavera e uno con la prima squadra. Quest'ultimo anno era la stagione 1991-92, in serie B e con me c'erano giocatori come Batistuta, Baiano, Rui Costa, Toldo, Effenberg. Quindi sono andato militare e, poi, alla Salernitana in prestito. Così è partita la mia carriera che mi ha condotto a girare una quindicina di squadre".

Uno zingaro del pallone.
"Ho girato per una vita, però, quando si cambia in meglio, cambiare spesso non è un problema. Io ho sempre cambiato in meglio, sia sotto il profilo di squadra esotto quello economico. Oggi ho giocato quasi 500 partite nei professionisti, 200 in A con 10 gol e con Torino, Salernitana, Piacenza, Ascoli ed Empoli, il resto in B. Sono felice, assolutamente felice della mia vita e mi ritengo fortunato perché giocare a calcio è una passione e, in più, è il mio lavoro. L'avrei fatto anche gratis, per di più mi pagano pure. Cosa si può desiderare di più?"

Cosa significa per un ragazzo calabrese sbarcare nel mondo del pallone a certi livelli?
"E' una specie di salvezza, perché giù da noi non ci sono né grosse prospettive né grandi alternative. Io sono nato in un paesino in provincia di Cosenza, dove non ci sono strutture e siamo proprio abbandonati. Proprio oggi, 26 gennaio 2009, nella nostra zona è crollato un pezzo di autostrada e sono morte due persone. Il calcio diventa, così, uno dei pochi modi per uscire da questa situazione".

Partire dalla Calabria e sbarcare a Firenze. Un passo difficile per un ragazzo.
"E per di più io sono partito poco dopo la morte di mia madre, quindi fu una vera mazzata. Fu ancora più difficile e, quindi, caratterialmente dovetti farmi forza e crescere alla svelta".

Dicono che i giocatori di calcio siano persone superficiali che pensano solamente a spendere e divertirsi.
"Io sono tutto il contrario. Il denaro che guadagno cerco di di metterlo a frutto. Inoltre mantengo sempre rapporti con le tante persone che ho incontrato nella mia carriera. Io credo che per raggiungere certi risultati l'ingrediente più importante sia l'umiltà. Tutto quello che ho guadagnato anche a livello di rapporti, di amicizie e di calcio è stata, soprattutto, questione di umiltà. Il calcio è un mondo talmente facile di guadagni che perdi di vista la realtà. Il fatto è che finisci per non sapere cosa vuol dire avere a che fare con le difficoltà di tutti i giorni. Ecco, allora, che se non si crede in certi valori si rischia di perdere il senso della realtà e di prendere una cattiva strada".

Esiste l'amicizia nel calcio?
"E come no? Esiste alla grande. Poca, ma quella che c'è è vera. Io ho diversi, grandi amici, da Marco Di Vaio a Rino Gattuso. L'amicizia nasce in campo, fuori dal campo, poi è una questione anche caratteriale, quando vai d'accordo con delle persone tutto è molto naturale".

Quando arrivasti a Lucca?
"Nella stagione 1994-95. Ero ancora militare. Fu una bella esperienza. Ho trovato a Lucca la donna della mia vita e, a quel punto, ho deciso di vivere a Lucca. Con la gente e con la città, vivibile al massimo, mi sono trovato benissimo. E' in tutto e per tutto una città perfetta".

Cosa ricordi di quella stagione?
"Facemmo un'ottima esperienza e ci salvammo all'ultima giornata, contro il Piacenza che voleva andare in serie A. Piaceri in panchina dopo l'esonero di Fascetti. Fascetti era un combattente, di quelli che non passavano inosservati. Tutti gli allenatori mi hanno insegnato qualcosa, chi più chi meno. In quella Lucchese c'era un grande amico, Sandro Vignini, che, purtroppo, è morto in un incidente stradale alcuni anni fa".

Il centro sportivo allo stadio è stato intitolato proprio alla sua memoria. Perché?
"L'idea è nata insieme a Silvio Giusti e a Marcello Montanari. Giusti adesso è uscito dalla società perché è andato a lavorare fuori, e siamo rimasti io e Montanari con una quota a Mario Benedetti. L'obiettivo è quello di rilanciare la struttura, attualmente sono in corso le finali del torneo Sandro Vignini. Noi vogliamo, innanzitutto, ricordare la memoria di Sandro, poi rilanciare a livello calcistico una struttura che era stata abbandonata. Ci teniamo a organizzare eventi di rilievo, come, ad esempio, l'inaugurazione del centro in occasione della gara amichevole tra Lucchese ed Empoli. Presto arriverà anche l'Under 21 e saranno ospiti del centro sportivo. Inoltre, per la finalissima del Vignini ci sarà, per la premiazione, qualche ospite di spessore. Ci sarà sicuramente Corrado Orrico".

Qual è il momento più bello del tuo anno in rossonero?
"Ho dei bellissimi ricordi perché fu l'esordio mio tra i professionisti. Segnai anche cinque gol e per un difensore non è poca cosa. Rammento l'esordio contro l'Acireale, quando vincemmo due a uno al Porta Elisa e io segnai il gol della vittoria. L'altra rete la segnò Paci".

Se tu dovessi in sintesi spiegare ai tuoi figli che cosa vuol dire fare il giocatore di pallone come glielo spiegheresti?
"Glielo spiegherei attraverso i sacrifici, attraverso la serietà nel fare di un gioco una professione a tutti gli effetti, sia di giorno sia di notte. Il giorno bisogna allenarsi tantissimo e la notte andare a letto presto per recuperare perché è un allenamento anche dormire. E' difficile per un ragazzo di 14 anni avere già una mentalità predisposta al sacrificio".

 

 

 

 

 


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