Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Carruezzo, ovvero la storia di un capitano coraggioso: umiltà ed entusiasmo ingredienti indispensabili per arrivare
12/03/2009 11:04
Toni Carruezzo è un ragazzo di quasi quarant’anni che ha ancora
l’entusiasmo di un ventenne. Lo aveva anche quando giocava a calcio, lo
ha adesso che si occupa di rintracciare, in Italia, ma, soprattutto,
all’estero, giovani potenzialmente capaci di esprimersi nei nostri
campionati. "A novembre darò l’esame per procuratore – dice – e se va
tutto bene inizierò questa nuova avventura alla quale, tra l’altro, sto
dedicando gran parte del mio tempo". Non sente nostalgia del tappeto
verde, è consapevole di aver rifiutato un’occasione d’oro, ossia un
contratto biennale che Giuliano Giuliani gli aveva proposto l’estate
passata. "E’ stato un bel gesto e per me sarebbe stata una buonissima
opportunità – spiega il capitano rossonero – ma, ormai, avevo dato la
parola alle persone per conto delle quali sto facendo il talenti scout,
non me la sono sentita di lasciare tutto. Inoltre, può sembrare strano,
ma io ero arrivato al punto in cui sapevo benissimo che avrei dovuto
cambiare lavoro e poiché quello che sto facendo mi piace moltissimo,
non avrebbe avuto senso rimandare questa avventura di altri due anni".
Come sono lontani i tempi in cui, anno di grazia 1986, Carruezzo
esordiva nel Brindisi in C1 a soli 16 anni, gli ultimi venti minuti
dell’ultima partita di campionato. Eppure l’umiltà e la capacità di
saper ascoltare, di assorbire come una spugna ciò che ritiene giusto
apprendere e comprendere, sono sempre gli stessi di 23 anni fa. "Sono
nato a Brindisi nel 1969 – racconta Carruezzo – a 16 anni esordii con
il Brindisi in C1 a Siena, entrando a 20’ dalla fine. Venivo da una
famiglia semplice, modesta, dove talvolta si faceva anche fatica ad
arrivare alla fine del mese. Mio padre era operaio, mia madre
casalinga. Noi eravamo quattro fratelli, due maschi e due femmine e,
per di più, vivevamo insieme ai nonni materni. Eravamo, in sostanza,
una sorta di famiglia allargata a cugini, zii e altri parenti, con
enormi tavolate durante le feste e gente sempre in giro per la casa.
Per un ragazzo del Sud poter aspirare, un giorno, di giocare a pallone,
era un sogno irealizzabile e inimmaginabile. Fare il professionista,
insomma, una specie di miraggio. Ricordo benissimo che quando fui
acquistato da una società di serie B, per un mese esultai ritenendomi
l’uomo più felice del mondo. Adesso, se si va a parlare con un
quindicenne che, magari, ha delle qualità e gliele sono state
riconosciute, già parla di Milan e Juve come se tutto fosse scontato.
Non è così e non è nemmeno colpa loro. La colpa è dell’ambiente. Anche
ai miei tempi giravano dei soldi, ma adesso tutto è esasperato, ci sono
persone che ruotano intorno al mondo del pallone e ci vogliono
mangiare. Io non portavo, magari, le borse degli altri calciatori
titolari in prima squadra, ma rammento benissimo che, in occasione di
una partita fondamentale per la permanenza in categoria, io dissi ai
miei compagni più grandi che se ci fossimo alvati mi avrebbero dovuto
regalare le loro scarpe usate. E questo perché non è che avessi chissà
quale possibilità di comprarmene più paia".
Toni Carruezzo è sposato con Teodora, Dora per gli amici, una
ragazza di Brindisi che, come lui stesso ha ammesso e riconosce, gli ha
dato quell’equilibrio necessario a non perdersi nei meandri di una
professione dove tutto arriva con più facilità di altre, ma dove anche
l’effimero trionfa spesso sulla sostanza dei sentimenti e non solo. La
coppia ha tre figli, uno dei quali è adolescente e con cui Toni ha
imparato e sta imparando a fare il genitore: "Dare dei consigli a mio
figlio? E’ nato il 27 luglio, segno del Leone, è una persona irruenta,
mentre io sono più riflessivo. Andiamo d’accordo anche perché io non
pretendo di dare consigli partendo dalla mia esperienza, ma cerco di
trasmettergli, semplicemente, quello che è il mio pensiero. Pensiero
che non può essere lo stesso che ha lui visto che è maturato in realtà
temporali diverse, in ambienti differenti. Non ci si può basare sulle
proprie esperienze, bensì bisogna cercare di entrare nel modo e nel
loro mondo. Non è facile, ma ognuno di noi vive un’epoca completamente
diversa da quella dei propri figli".
Segno del sagittario: Toni Carruezzo è un ottimista per natura e
tutti, nello spogliatoio della Lucchese, lo consideravano una persona
dotata di una naturale autorevolezza. L’autorità deriva dal grado o
dalla qualifica, mentre l’autorevolezza si guadagna sul campo, a
contatto con chi, poi, deve giudicarti per quello che sei e quello che
fai, non per quello che rappresenti. "E’ vero – prosegue Carruezzo – ma
non l’ho mai fatto per egemonizzare l’ambiente o creare problemi agli
allenatori. Anzi. Tutti, in me, hanno trovato una persona disposta a
collaborare e a far sentire l’ascendente anche agli altri giocatori,
spesso più giovani e meno esperti. Quanto a mia moglie, vorrei
sottolineare che lei mi ha dato quella stabilità e quell’equilibrio
senza i quali è davvero facile smarrirsi davanti alle tante sirene di
questo mondo dorato che è il calcio. Io credo sinceramente che non è
facile gestire una vita da calciatore. Hai tutto ciò che un giovane può
desiderare. E quando hai tutto è difficile mantenere equilibrio e anche
la persona più equilibrata può fare una carriera solo se ha una persona
accanto che gli dà stabilità. Non ho problemi a dire che dopo essermi
sposato la media dei gol a stagione è salita dai sei-sette gol agli
11-12".
"Che cos’è stato il calcio per me? – si domanda Carruezzo –
Diciamo che è paragonabile al migliore amico, ci cresci insieme, ti
insegna tanto, ci stai bene, ci passeresti giornate intere, quando non
ce l’hai ti manca e, inoltre, non ti tradisce mai. Questo, per me, è
stato il calcio".
Alex G.
(fine prima parte)