Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Nicola Benedetti, il segretario destinato a lavorare a Lucca
10/04/2009 12:43
Gli indiani lo chiamano Karma, in Occidente si parla di
destino. Di sicuro, in quello di Nicola Benedetti, segretario
rossonero, la Lucchese, prima o poi, doveva entrare. Solo la scorsa
estate è stato avvicinato ben tre volte da soggetti diversi, anche in
competizione tra loro, per far parte di una qualche famiglia rossonera.
Di quella che stava scomparendo o di una che stava sorgendo sulle
macerie della prima. Trentanni, nativo di Seravezza - paese natale di
Enrico Pea, scrittore tra i più originali delle nostre terre, spronato
da Ungaretti e lanciato da Puccini - e quindi comunque lucchese per
elezione provinciale, Benedetti ha iniziato questo mestiere per gioco e
soprattutto senza aver prima tirato calci ad un pallone. Se non come
tutti, solo tra amici o poco più. Il suo percorso nasce nella redazione
massese de "La Nazione", come giornalista pubblicista, quando ancora
sognava Maradona, il suo idolo calcistico di sempre "non tifo nessuna
squadra, ma simpatizzo per il Napoli proprio in omaggio al giocatore
che è la sintesi del calcio". Da lì, la prima chiamata in una squadra
dilettantistica della zona.
Nicola Benedetti, segretario per vocazione e non come ripiego per uno dei tanti calciatori mancati.
"Non
ho mai giocato seriamente, anche se sono sempre stato appassionato di
tutti gli sport e del calcio in particolare. Ho iniziato per gioco:
lavoravo a Massa per "La Nazione" e seguivo sia la squadra bianconera
che le realtà minori. A 21 anni il Romagnano mi propose di occuparmi
della segreteria nei pomeriggi che non ero impegnato con il giornale.
Ho accettato e da lì è partito il tutto".
Un tutto che ti ha portato per tanti anni alla Massese.
"Sì, dopo il Romagnano c'è stato il Ricortola e poi Egiziano Frediani
mi ha voluto alle giovanili della Massese. Due anni lì ed è arrivato il
gran salto nella prima squadra dove sono rimasto sino all'estate
scorsa".
Quando il tuo telefono ha cominciato a ricevere chiamate a ripetizione da Lucca.
"Era destino il mio approdo a Lucca. I primi contatti sono iniziati con
Silvio Giusti con il quale ho fatto il corso da Direttore Sportivo e che ho
avuto modo di conoscere e apprezzare. A maggio mi chiamò e mi ventilòa
l'ipotesi della segreteria visto che Antonio Magli si sapeva che
avrebbe lasciato e lo stesso Magli del resto mi contattò per parlarmene. Quando
Giusti mi espose nei dettagli il programma, la situazione stava però
degenerando ed io che ero già in un contesto difficile a Massa non me
la sono sentita".
Eppure in rossonero sei arrivato lo stesso, poco dopo.
"In realtà, prima del contatto con Giovannini, c'è stato pure quello
con Toni Carruezzo che mi chiese la disponibilità a ripartire dalla
serie D. Poi però la cosa, dopo alcune telefonate, non ha avuto
seguito".
Il terzo tentativo, quello di Giovannini, è stato quello buono.
"Verso i primi di agosto mi ha chiamato Paolo che conoscevo dai tempi
in cui era alla Massese, ma che non sentivo da oltre un anno:
evidentemente gli avevo lasciato comunque un buon ricordo. Mi disse che
c'erano due progetti per far rinascere la Lucchese, il suo e quello di
Carruezzo e che il Comune sembrava orientato verso la sua proposta.
Appena ci fu la conferma dissi di sì: era se non sbaglio il nove di
agosto. La proposta di segreteria con aggiunta le collaborazione
tecnica mi convinse".
E così parte l'avventura in rossonero, sia pure in totale emergenza.
"Ti dico solo che le prime cose che mi trovai a fare furono le borse
per i calciatori, si lavorava dodici ore al giorno senza sosta. C'era
da costruire tutto, con giocatori che arrivano e partivano subito dopo,. Ma eravamo animati da
tantissima voglia di fare. Ricordo le prime chiacchierate con i
"vecchi" Chadi, Belluomini, Panepinto e Galli: erano senza contratto,
tutto sulla fiducia, ma le prime parole che ci dissero furono: "Delle
questioni legate allo stipendio ne parleremo poi. Ora non è il
momento". La stima di questi ragazzi per Giovannini era ed è enorme e
ha fatto passare tutto in secondo piano. Anche il fatto che sono rimasti più di 15 giorni, sino all'ammissione alla serie
D, senza nessuna certezza".
In quel momento, forse,
non ti potevi nemmeno rendere conto appieno di essere alla Lucchese,
eravate un'entità ancora in divenire.
"Senza lo stadio, con gli impianti di allenamento da risistemare e non
disponibili, senza ufficio - lavoravamo al Country club - e con tanto
scetticismo intorno, anche motivato, visto tutto quello che era
successo, è chiaro che non era facile capire che stavamo per rilanciare
la Lucchese".
Quando hai realizzato che eri arrivato alla Lucchese?
"Alla prima di campionato in casa con il Cecina: oltre duemila paganti,
l'ingresso in campo è stato da brividi. Lì ho capito davvero dove mi
trovavo, anche se qualche segnale lo avevo avuto già alla
presentazione".
E l'impatto con la proprietà come è stato?
"Ci siamo capiti subito. E' gente che sa quello che vuole e che punta a
vincere. Anche se forse loro stessi all'inizio avevano una punta di
scetticismo".
Passano i mesi e vi iniziate a rendere conto della forza della squadra, del fatto che ce la potevate fare.
"Sono sincero: vincere come abbiamo vinto non me lo sarei mai
immaginato, ma che potessimo farcela ho iniziato a pensarlo prima della
sconfitta di Gavorrano quando abbiamo messo in fila una serie
importante di vittorie. Con il Pontevecchio, e fu la prima vittoria
roboante, arrivò un segnale forte. Io stesso sono rimasto
sorpreso della forza di questa squadra: pensavo andasse ritoccata e
invece è andata benissimo così. Penso, giusto per citarne un paio, al
campionato di Di Paola o di Inglese. Si sono sempre fatti trovare
pronti".
Ma qualche momento in cui avete dubitato c'è stato però?
"Le due sconfitte consecutive a inizio stagione hanno lasciato qualche
segno, anche perché stavano mettendo in discussione il lavoro di
Favarin e Giovannini e mi è spiaciuto moltissimo perché stavo vedendo
con quanta passione e professionalità stessero lavorando. Ma quelle due
sconfitte loro per primi le avevano messe in conto. E poi,
naturalmente, l'altro momento critico è arrivato a Gavorrano; con la
sconfitta e la perdita di Mocarelli anche se ero certo che i ragazzi
non avrebbero mollato".
Torniamo al tuo rapporto con
la Lucchese: da avversario l'hai trovata parecchie volte, ma quasi mai
sono stati match filati lisci.
"E' vero, a partire da una vittoria della Massese tre anni fa e che
provocò la contestazione dei tifosi rossoneri a Simoni, per non parlare
della sconfitta lo scorso campionato con Braglia in panchina. C'era
davvero un brutto clima e si capiva che i problemi non mancavano. Infine
ricordo la gara a Massa terminata uno a uno, con il problema
dell'agibilità dello stadio apuano, con un rigore concesso
generosamente dall'arbitro ai bianconeri. Ma la Lucchese già era in
frenata e non ebbe la forza di chiudere la gara con una squadra che era
sulle gambe. Sempre sfide movimentate insomma".
Arriviamo a sabato scorso: la promozione l'avevi già vissuta proprio a Massa.
"E' stata una grande emozione, la conferma che la scelta di questa
estate era quella giusta. E poi uno stadio del genere mette i brividi,
il "Porta Elisa" ha un fascino particolare. Me lo ha confermato persino
l'ex presidente della Massese che era in tribuna. Davvero un'atmosfera
unica e poi quella muraglia umana in gradinata. Che bello...Mi
resteranno tante immagini ma una su tutte: Pera che corre sotto la
gradinata al gol. Sono contento da morire per Manuel e per Giovannini
che ha scommesso su di lui come a suo tempo aveva fatto con Biggi. Era
tutto meno che una scelta facile. Ma del resto Paolo di queste
categorie sa tutto".
Ora c'è il futuro davanti, con le sue speranze ma anche le sue incognite. Il tuo come lo vedi?
"Sto facendo quello che mi piace, mi sto completando da un punto di
vista professionale grazie all'aiuto di Giurlani che mi sta avvicinando
a tutte le questioni di carattere contabile, un campo che ho sempre
trattato poco, concentrandomi sinora di più sulla parte organizzativa,
le trasferte, la biglietteria, i rapporti con la Federazione e la Lega,
il contatto con la squadra. Continuerò a fare il mio lavoro come ho
fatto sinora, ovvero al massimo delle mie possibilità. Semmai saranno
gli altri a dovermi dire non venire più! E' troppo bello lavorare in
una società seria ed ambiziosa. Io me la tengo stretta".
Fabrizio Vincenti