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Oltre cento anni di ritratti e personaggi

Carruezzo Amarcord: "Il momento più brutto? Il rigore sbagliato con la Triestina. Ancora adesso, se ci penso, mi domando come ho potuto sbagliare. Tuttavia, a distanza di così tanto tempo, ho capito perché calciai e la palla centrò il palo invece di varcare la linea di porta"

16/04/2009 23:13

Dici Eupremio Carruezzo, Toni per gli amici, e pensi subito a quel maledettissimo rigore nella finale dei play-off contro la Triestina al Porta Elisa. Un momento storico e amaro nella storia calcistica rossonera, eppure un momento dal quale la città e i tifosi, soprattutto, seppero rialzarsi da subito. Non come, invece, è avvenuto con il fallimento e la scomparsa della Lucchese Libertas gestione Fouzi Hadj. Toni Carruezzo, il capitano coraggioso di mille battaglie, ha scelto Lucca per fermarsi, si fa per dire, con la famiglia. Ha acquistato una grande casa a Farneta, con un grande giardino e arredata pezzo per pezzo con i tanti oggetti acquistati qua e là insieme alla moglie Dora, da 24 anni sua fidanzata prima e moglie poi, conosciuta sui banchi di scuola o giù di lì quando entrambi erano poco più che adolescenti.

Più conosci Carruezzo e più, se fai breccia nella sua innata e prudente diffidenza, ti accorgi che è un ragazzo di quarant'anni semplice, ancora capace di entusiasmarsi davanti alla prospettiva di un pallone da calciare o di un giovane talento da scoprire, o di un esame da procuratore da sostenere. Come tutte le persone riservate, ma non insicure, preferisce studiare l'interlocutore prima di lasciarsi andare a conversazioni che fuoriescano dall'aspetto sportivo e tecnico della sua professione. Sostanzialmente Carruezzo è un uomo che non ha mai smesso di essere anche un ragazzo, che mentre gira per le stanze di una casa più simile a una reggia che a un'abitazione, parla, sorride e ragiona sui massimi sistemi con la medesima curiosità e la stessa passione che lo contraddistinguevano sui terreni verdi di tutta Italia.

"Cosa mi manca di più adesso che ho appeso le scarpe al chiodo? - si domanda - L'odore dell'erba appena tagliata. Non riesco più a guardare una partita dal vivo, faccio una fatica terribile perché mi sento ancora uno di loro, uno che sta là, in mezzo al campo. Non sono, tuttavia, un nostalgico e mi piace guardare avanti, prepararmi ad affrontare la nuova sfida che la vita mi ha riservato. Quando venni a Lucca lo feci perché qui c'era un vecchio amico, un allenatore che mi voleva bene e che io stimavo molto: Memo D'Arrigo. Fu con lui che, in quel primo campionato in rossonero, ebbi le mie più grandi soddisfazioni, ma anche la mia più grossa delusione. Ricordo ancora quell'attimo, il rigore fischiato dall'arbitro nella finale play-off al Porta Elisa contro la Triestina. Avevamo perso due a zero a Trieste e due giorni dopo D'Arrigo, parlandoci, disse che per ribaltare il risultato avremmo dovuto giocare la partita perfetta. Non avremmo dovuto sbagliare niente. Eravamo carichi a mille. Al sabato Deoma, nonostante gli avessimo detto che queste cose si fanno dopo aver vinto e non prima, volle rapare a zero me, Baraldi e Matteazzi. Ricordo, la domenica, quando entrammo al Porta Elisa. Lo stadio era pieno, una giornata di sole meravigliosa. Mariani realizzò una doppietta, poi la Triestina accorciò le distanze e io, su splendida azione di Binho Cribari, insaccai di testa la palla del 3 a 1. Eravamo quasi promossi. La gara terminò sullo stesso punteggio e, quindi, avremmo dovuto disputare i supplementari. Se anche dopo i due tempi da 15 minuti ciascuno avessimo chiuso con quel punteggio, saremmo passati noi. Purtroppo, in quegli ultimi trenta minuti, accaddero cose incredibili che ci fecero perdere una grande occasione. Passarono pochi minuti del secondo tempo supplementare e D'Aniello, un giovane appena entrato in campo, fu steso in area biancorossa. L'arbitro fischiò il calcio di rigore. Ero concentratissimo, sicuro che avrei spiazzato il portiere Pagotto. Ancora oggi, se mi fermo a pensarci, mi chiedo come potei sbagliare, ma a mente fredda credo di aver compreso molte cose, aspetti umani ed emotivi che valgono più di ogni vittoria".

Al. Gra.

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