Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Adolfo Tambellini si confessa: "Sogno la serie B, poi posso anche smettere con il calcio"
25/11/2007 12:05
Il dottor Adolfo Tambellini è un altro dei personaggi storici
e mitici della società rossonera. Arrivò alla Lucchese che era poco più
che un ragazzino, aveva poco più di trent'anni, con il presidente
Piergiorgio Casanova, e da allora è rimasto sempre attaccato ai colori
rossoneri. Lucchese doc, vive da una vita all'Arancio, due passi dallo
stadio e da Porta Elisa.
Come è arrivato alla Lucchese?
"Per caso, perché il presidente Casanova, che era un mio paziente, mi
chiese di collaborare con il medico Costantino Carli che era alla
Lucchese da una vita. Accettai perché quando uno è appassionato di
calcio questo lavoro lo fa volentieri. Magari sembra un hobby
all'inizio, poi diventa un impegno fondamentale per il lavoro che
svolgi ogni giorno'.
Siamo, quindi, alla metà degli anni Ottanta. Qual è il momento più esaltante della tua militanza rossonera di quel tempo?
"Di quegli anni ricordo che, all'inizio, c'erano tanti problemi. Poi,
dopo l'avvento di Maestrelli e Grassi, la situazione si evolse in senso
positivo e, quindi, la vittoria nel campionato di C nell'anno in cui a
Palermo vinse anche la Coppa Italia di serie C, fu il momento più
bello. Mi sono rimasti impressi nella mente e nella memoria i
quarantamila spettatori dello stadio ex Favorita di Palermo quella
magica notte quando Pascucci tirò il rigore decisivo. Sembrava un
rigore calciato con l'incoscienza e la consapevolezza di essere più
forti. Rammento che dopo la vittoria andammo a cena a Mondello, tutti
insieme, per festeggiare'.
Che rimpianti ha per quel periodo di militanza in serie B?
"Io rimpianti ne ho per l'anno in cui siamo retrocessi dalla B alla C.
Per me la Lucchese città e la Lucchese calcio hanno la loro
collocazione naturale in serie B, mentre la A può essere solo una
meteora. Invece per come avvenne la retrocessione, con le vicissitudini
di quel campionato, ci fu davvero tanta amarezza'.
Che ritratto potrebbe fare di Egiziano Maestrelli?
"Un personaggio di grande caratura, un appassionato e un intenditore di
calcio che ha avuto anche la capacità di legarsi a un direttore
sportivo come Pino Vitale con cui hanno fatto le fortune di anni
positivi sportivamente e economicamente, alla Lucchese. Hanno gestito
una società portata ad esmepio in tutta Italia. Purtroppo l'anno della
retrocessione accaddero situazioni sfortunate e nessuno riuscì a farci
qualcosa. Probabilmente il matrimonio di Maestrelli con la città era
alla conclusione e tutto contribuì a negativizzare questo bilancio'.
Quale giocatore le è rimasto impresso dal punto di vista degli sforzi fisici e per l'impegno?
'Francesco Monaco, per l'impegno, l'abnegazione, la serietà che metteva
nel lavoro, nonostante abbia avuto incidenti importanti. Si è sempre
ripreso con grande spirito, grande forza fisica, grande carattere, un
giocatore che era venuto dalla C2, senza nemmeno mezzi fisici
particolari e che, invece, si rivelò per anni un elemento fondamentale
da portare come esempio agli altri compagni'.
E quale giocatore, invece, dal punto di vista umano?
"Roberto Arrigoni. Veniva dal Lecco, era un libero. Arrivò nell'anno di
C2 con allenatore Baldi, nei primi anni Ottanta, poi rimase anche con
Rumignani e, poi, fu mandato via proprio perché non aveva a che fare
granché con il gioco del calcio. Era troppo intelligente, infatti.
Arrigoni era una persona culturalmente elevata, di grande spessore
culturale. Era un appassionato di filosofia e le sue idee collimavano,
in quel momento, con le mie. Poi era anche un buon giocatore per la
categoria e senz'altro ha raccolto meno di quelle che erano le sue
capacità".
Ricorda una lite clamorosa e indimenticabile nell'ambiente rossonero?
"Probabilmente la litigata che Orrico ebbe con Donatelli e Simonetta
nell'anno in cui tornò per la seconda volta. In realtà ce ne furono più
di una, inutile tornare su quegli episodi".
Da un punto di vista sanitario da quando è entrato nel calcio, oggi è cambiato molto?
"E' cambiato per me perché è molto più semplice. L'esperienza, infatti,
è molto importante nel calcio. Direi, che, comunque, non ci sono stati
grossi cambiamenti. Ormai da vent'anni è uguale a se stesso. I ritmi
sono questi".
Tambellini ce l'ha un sogno nel cassetto?
"Mi piacerebbe tornare un'altra volta in serie B. Per me sarebbe più
che sufficiente, poi smetterei col calcio che molto mi ha dato e al
quale altrettanto credo di aver dato".
Professore qual è l'allenatore che le è rimasto più nel cuore? E perché?
'Dovrei darti una risposta tattica. Con gli allenatori io ho sempre
avuto un buon rapporto anche perché credo che il tecnico sia
fondamentale in una società di calcio, per cui non andare d'accordo con
l'allenatoire significherebbe, per un medico, essere fuori posto. Posso
dire che un rapporto particolare, a parte l'ultimo con Piero Braglia
che è sempre il migliore, l'ho avuto con Maurizio Viscidi. Perché a
volte ci sono situazioni a pelle per le quali con certe persone ti
trovi da subito. Lui è anche uno dei pochi allenatori che è venuto a
cena a casa mia'.
Qualcuno ha, talvolta, detto che tra te e Enrico Castellacci non corresse buon sangue.
"Direi che è falso. Enrico ha un carattere un po' particolare, io l'ho
diverso. Abbiamo una maniera differente di muoversi nel calcio, però
questo non vuol dire che io non stimi Enrico per la sua
professionalità. Chiaramente non è che ci amiamo, ma io credo che il
rispetto e la fiducia siano reciproci".
Secondo te se la Lucchese non ha quei risultati e quell'immagine che
meriterebbe, non è forse perché la colpa sta un po' anche nel carattere
della sue gente?
"Direi che è possibile. Il pubblico lucchese è un pochino difficile, ha
grande capacità di critica e, invece, per una situazione e una società
di terza serie l'apporto del pubblico dovrebbe essere fondamentale
specialmente quando la squadra non raccoglie il massimo. Pisa e Livorno
sono degli esempi. Purtroppo dovremmo imparare in questo senso".
Aldo Grandi