Galleria Rossonera
Oltre cento anni di ritratti e personaggi
Beppe-gol e quel gol in rovesciata contro la Torres. Folli si racconta: "Da Lucca e dal suo bellissimo pubblico ho avuto tantissimo. Sono per sempre nel mio cuore. Il gol contro la Torres? Tentai il colpo a effetto e andò bene..."
01/09/2009 11:49
Ci sono attimi che si portano dentro per tutta la vita.
Gli
scettici, i disincantati diranno che il calcio non può occupare fette
importanti della pellicola della propria vita. Si illudono. Saremo
pazzi, ma alcuni istanti, alcuni fotogrammi, alcune emozioni donatici
da quel terreno verde ce le custodiamo per sempre. Ci coccolano. Vi
attingiamo nei momenti di sconforto calcistico e non solo. Saremo
pazzi, ma è così. E tanto più si materializzano da bambini, tanto più
restano nella nostra memoria in un posto privilegiato.
Una maglia
numero nove, uno stadio, il Porta Elisa, un gol da favola, quello che
sui campetti avremmo voluto sempre realizzare. Spalle alla porta e gol
in rovesciata. E poi via la corsa sotto i tifosi a ricevere gli
applausi. Beppe gol, al secolo Giuseppe Folli (nella foto di Alcide), è stato per tanto tempo
quello che tutti avremmo voluto essere. L'incredibile è che quelle immagini, a distanza di venticinque anni,
emozionano ancora.
Folli è ora un bancario nella sua Lombardia.
Sposato, 48 anni, due figli, il calcio non è riuscito ad abbandonarlo: si occupa
di coordinare tutte le formazioni lombarde che sono gemellate con il
Chievo Verona cercando nuovi talenti. Lucca, a distanza di tanti anni,
non riesce proprio a scordarsela. Una puntata su Google ed ecco che
spunta un articolo di Gazzetta Lucchese con lo storico tifoso Beppe
Lorenzini che elegge il suo gol contro la Torres come uno dei momenti
più belli della sua carriera dietro una maglia rossonera. Folli
lo legge, si emoziona, ci contatta. Con una gran voglia di ritrovare la
sua Lucca e la sua giovinezza.
Giuseppe Folli, ancora nel mondo del calcio, dopo tanti anni e le scarpe appese al chiodo.
"Sì,
ho avuto alcune occasioni di restare in quel mondo sia come allenatore
con Del Neri sia come procuratore con Paolillo, ma ho smesso per fare
contenta mia moglie e ho preferito un posto sicuro in banca. Il calcio
però ce l'ho dentro e eccomi qua a coordinare le scuole calcio della
Lombardia che collaborano con il Chievo Verona. Quando smetterò con la
banca, inizierò a fare l'osservatore in giro. Certo il campo mi manca
tantissimo, anche se il calcio è molto cambiato dai miei tempi a oggi".
Una carriera la sua praticamente tutta, o quasi, in serie C.
"Dove
ho realizzato 116, secondo alcuni 118. Il mio motto è sempre stato
meglio primo tra gli ultimi che l'ultimo tra i primi. Così la mia
carriera si è snodata tra Milan, nel settore giovanile e qualche
puntata prima squadra, Lecco, S. Angelo Lodigiani, Lucchese, Torres,
Venezia, Chievo, Vicenza per chiudere a Pavia a 36 anni. Avrei potuto
giocare ancora un anno a Brescello, ma non volevo essere patetico e
così ho chiuso".
Che tipo di giocatore era?
"La classica prima punta, forte
di testa e in acrobazia.Piedi non molto delicati, ma con il tempo sono
cresciuto anche sotto questo punto di vista e naturalmene un istione".
Ora si diletta a formare i ragazzi, tutta un'altra storia.
"A
questi livelli si deve insegnare tutto, ma è bello formare i giovani e
farli crescere. Certo non è facile, specialmente con i tempi che
corrono. Io continuo a pensare che ci voglia la carota e il bastone per
far maturare al meglio i ragazzi".
Estate 1984: arriva a Lucca.
"Non fu facile, era la prima volta
che andavo via di casa. Ero fidanzato con la donna che poi ho sposato,
mi pesò molto. Scappai persino dal ritiro. Ma mi resi subito conto cosa
fosse il calcio a Lucca e iniziai a capire cosa volesse dire essere un
professionista".
Come arrivò in rossonero?
"Fui preso da
Maestrelli, che era al suo primo anno alla guida della Lucchese. Dovevo
finire alla Sambenedettese, ma Maestrelli riuscì a portarmi a Lucca in
comproprietà dal Milan".
Al quale rifilò una rete in una delle prime amichevoli estive.
"Fu
bellissimo, stadio stracolmo, pioveva e segnai un gol che valse la
vittoria contro il Milan. Lo stesso Liedholm si congratulò e chiese
notizie su di me. Fui portato in trionfo a fine gara".
In campionato 12 reti complessivamente e una stagione importante. La squadra però non riuscì a vincere il campionato.
"Personalmente
feci bene, con alcune pausa soprattutto a inizio gennaio quando mi
sposai. Il cambio sulla panchina non ci risollevò come squadra. Fu
mandato via Rumignani e arrivò Orlandi, gran conoscitore di calcio, ma
forse non ancora dotato della personalità giusta".
Cosa mancò?
"Prima
di tutto un giocatore leader, dotato di personalità. Eravamo una
squadra con un'età media giovane e ci sarebbe servito un giocatore che
ci prendesse per mano. Forse sarebbe potuto essere Barducci, ma fu
ceduto".
A proposito di giocatori: chi ricorda di quella squadra?
"Mi
sento e mi vedo con Dal Molin che fa il vigile urbano qui a Milano e
con Baldi di cui sono stato testimone di nozze. Poi ricordo Pedersoli,
Biferari e mi piacerebbe rincontrare Bronzini. Altri li ho visti alla
festa del centenario".
Di Maestrelli che ricordo ha?
"Straordinario,
nei miei confronti si è sempre comportato in modo eccezionale e mi è
stato sempre vicino. Ma ricordo anche Luporini, Alvaro Vannucchi che
una volta mi curò sino alle due di notte, il compianto Michi. Tutte
davvero belle persone".
Veniamo al fotogramma rimasto nella mente e nel cuore di tutti i tifosi rossoneri: quel gol in rovesciata alla Torres.
"L'intervista
che ho letto sul vostro sito rende bene l'idea e mi inorgoglisce.
Sapere che un tifoso che segue la Lucchese da decenni ha ancora i
brividi a pensare a quella rete mi fa un piacere immenso. Come andò? Fu
una rete istintiva: Monaco dette la palla a Fusini che la scodellò in
messo, avevo due possibilità: o metterla giù o tentare l'acrobazia e
come andava andava. Andò bene, ma certo non è che uno prende la mira
in quei casi. Forse comunque il gol più bello in assoluto lo feci a
Massa in coppa".
La sua però fu una parentesi breve in rossonero, un solo campionato.
"Vero,
a fine anno andai via e non nascondo lo feci anche per avere una certa
sicurezza economica. Vengo da una famiglia di operai, mi ero appena
sposato e dovevo comprare casa. A Lucca guadagnavo 24 milioni di lire,
in Sardegna me ne davano 65. Che mi servirono proprio per mettere su
casa. A Lucca stavo comunque per tornarci nel 1990".
Davvero?
"Fui
contattato da Pino Vitale che mi propose di fare la terza punta nel
primo campionato di serie B, ma a me l'idea di fare panchina non mi
piaceva mica molto. Non ci fu nemmeno l'accordo economico e non se ne
fece di nulla. Peccato, perchè a Lucca sarei tornato molto volentieri".
Cosa le ha lasciato questa esperienza lucchese?
"Tantissimo.
Penso al clima, all'affetto avuto. Quando andavo al cinema riuscivo ad
entrare solo dopo un po' perchè mi festeggiavano tutti. Quando sono
tornato da avversario ho ricevuto delle verie e proprie standig ovation
da parte di tutto lo stadio. Roba da brividi. Un gran pubblico e una
città meravigliosa, abitavo in centro, in via della Polveriera ed era
qualcosa di bellissimo. Ricordo il ristorante la Gina. Lo scriva: con
il cuore sono vicino a tutti i tifosi lucchesi, per sempre".
Continua a seguire le sorti della Lucchese?
"Certamente,
ogni lunedì controllo sempre i risultati e come è andata la partita. Ho
seguito con grande dispiacere le vicende del fallimento, ma spero che
poco alla volta la Lucchese torni dove merita, ovvero in serie B. Auguro ogni bene
a un pubblico eccezionale con il quale ho avuto un rapporto
straordinario".
Fabrizio Vincenti