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Oltre cento anni di ritratti e personaggi

Matteo Mareggini: "Arrivai a Lucca a 19 anni e mi alternai con Ciappi. Lui era il... vecchietto, io appena un ragazzino"

15/12/2009 09:01

Matteo Mareggini non ha giocato molto in maglia rossonera. Quanto basta, però, per ricordarselo e venire al centro sportivo Sandro Vignini per essere presente alla commemorazione dei suoi ex colleghi ed amici Sandro Vignini e Massimiliano Fiondella. Una chiacchierata con lui, che raramente si vede da queste parti, è di prammatica.

L'ultima partita della Lucchese in C1 se la ricorderà sicuramente.

"Sì, io giocavo nella Pistoiese. Venimmo a Lucca all'ultima giornata del campionato di tre anni fa. Vincemmo 1 a 0 con un gol dell'ex Cipolla. Io parai abbastanza bene. Fu una bruttissima giornata per i colori rossoneri".

Nome, cognome, luogo e data di nascita.

"Matteo Mareggini, nato a Modena nel 1967".

42 anni, mica male per uno che fino all'anno scorso difendeva regolarmente i pali in campi.

"Diciamo che io avrei anche voluto continuare a fare il portiere, ma Moreno Torricelli mi ha convinto a seguirlo nel Figline Valdarno come allenatore dei portieri. Ho fatto una scelta di vita".

Come si fa ad arrivare a 42 anni e giocare ancora tra i professionisti quando ci sono suoi colleghi che a 35 hanno già detto basta?

"Ci vogliono professionalità, fortuna, predisposizione fisica, grande passione. Fino a quando la testa ti permette di fare sacrifici si va avanti, poi, quando ti rendi conto che il farli ti pesa, allora è meglio staccare la spina. Non è mai stato, fortunatamente, il mio caso".

Quando arrivò a Lucca?

"Campionato 1987-88, in C1 con Orrico allenatore. Mi alternavo con Ciappi, il vecchietto mentre io ero un ragazzino. Ovviamente sto scherzando".

Cosa rappresentò per lei quella esperienza?

"Ero giovanissimo, fu una tappa importantissima. Era il primo anno in cui uscivo dalla Primavera della Fiorentina. Con me c'erano Onorati, Baggio, Berti, tutta gente che si è, poi, fatta strada. I settori giovanili, una volta, erano un'altra cosa. Dai vivai si comprava e si riceveva molto di più di quanto non si compri o si riceva adesso. Ora si compra roba già fatta, magari si va all'estero dove i giocatori arrivano pagando loro solo lo stipendio, a parametro zero, poi, però, un buon 50 per cento si perde e non vale la spesa fatta, non sono, cioè, all'altezza della situazione".

Il mondo del calcio è un ambiente che ti massacra?

"No, è un gioco fatto di rivalità. Chi la spunta gioca ad alti livelli. Chi è più debole, alla lunga resta fuori. In Italia il settore giovanile di una volta ti permetteva di trovare, tra cinquanta ragazzini, cinque giocatori che sarebbero arrivati in serie A e che avrebbero consentito di tirare avanti il vivaio per altri dieci anni. Inoltre si educavano i ragazzi allo sport e alla vita. Ora non è più così".

Rimpianti?

"Nessuno".

Rimorsi?

"Forse gli infortuni importanti che mi hanno frenato".

Sembra molto pessimista sul mondo del pallone.

"Dico la verità. Del calcio, oggi, l'unica cosa che mi piace e mi manca è il profumo dell'erba appena tagliata".

A. G.

Fanini Group

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